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8/19/2024 | Paola Sacerdote
Potenziale di crescita, valutazione e diversificazione sono tra i fattori che rendono l’asset class del debito emergente interessante per gli investitori, e anche i tassi “higher for longer” non sono necessariamente una cattiva notizia, in particolare per il debito sovrano delle economie emergenti.
È di questo avviso Shamaila Khan, head of global emerging markets and Asia Pacific Fixed Income di UBS AM. "La maggior parte dei Paesi emergenti con rating più elevato sono creditori netti verso l'estero, ossia hanno un livello di attività denominate in dollari superiore a quello del debito denominato in dollari” spiega. “Tendono ad avere una durata del debito molto lunga, quindi hanno bisogno di rifinanziarne solo una piccola parte ai tassi più alti di oggi. Negli ultimi due anni abbiamo assistito a significativi aumenti dei premi al rischio solo per il debito con rating più basso, mentre quelli dei rating più elevati sono rimasti sostanzialmente inalterati”.
“La nostra visione costruttiva è stata ulteriormente rafforzata da uno stress test del 2023 che ha rilevato una bassa probabilità di default dei Paesi emergenti nel caso in cui non avessero accesso ai mercati del debito per due anni”.
Accanto alla politica monetaria degli Stati Uniti, secondo Khan c’è anche da considerare la performance economica della Cina. “Nel reddito fisso emergente, circa il 60% dei Paesi sono esportatori di materie prime che in passato sono stati vulnerabili al rallentamento della crescita cinese. Ma dopo la pandemia, abbiamo assistito a un aumento dei prezzi delle materie prime nonostante le difficoltà dell'economia cinese. La generale mancanza di investimenti nelle materie prime ha portato a una riduzione dell'offerta e, inoltre, i crescenti livelli di decarbonizzazione hanno determinato un aumento della domanda di metalli e minerali necessari per tecnologie come pannelli solari e veicoli elettrici”.
“Quest'anno abbiamo già assistito a un superamento delle sottoscrizioni di nuove emissioni di debito e a una buona performance sul secondario: questo è solitamente un precursore dell'ingresso di denaro nei fondi dedicati. Nel frattempo, i rendimenti rimangono interessanti rispetto ai livelli storici”. L'insieme di questi fattori fa sì che attualmente questa classe d'investimento offra una notevole opportunità di rendimento.
Jean Boivin, Head of BlackRock Investment Institute di BlackRock, si focalizza sulla politica monetaria, ed evidenzia che molte banche centrali dei Paesi emergenti hanno iniziato a tagliare i tassi all'inizio di quest'anno - alcune già nel 2023 - e ora si stanno avvicinando alla fine del loro ciclo di allentamento e ad affrontare diversi vincoli. “Queste banche possono ridurre i tassi solo fino a un certo punto, soprattutto quando quelle dei Paesi industrializzati, in particolare la Fed, mantengono i tassi fermi o li tagliano lentamente - spiega Boivin - Questa divergenza di politiche può danneggiare la valuta locale rispetto al dollaro e alcune economie sono più sensibili all'inflazione derivante da una valuta più debole”. Per questo motivo per ora “rimaniamo sovrappesati sul debito in valuta forte degli Emergenti, ma siamo pronti a cambiare rotta quando le banche centrali cambieranno politica” conclude.
Infine Graham Stock, senior sovereign strategist, Emerging Markets di RBC BlueBay AM, vede opportunità interessanti nel reddito fisso in Messico.
Lo strategist spiega che innanzitutto i titoli governativi in dollari e pesos sovrani hanno i pesi maggiori nei rispettivi indici di riferimento in valuta forte e valuta locale di JPMorgan. Inoltre le società del paese sono una parte significativa del benchmark CEMBI. E ancora, il peso messicano è una delle tre valute dei mercati emergenti più liquide e viene scambiato ventiquattro ore al giorno.
Secondo Stock una grande opportunità deriva dall'elevato livello dei tassi di interesse nel Paese. L'inflazione è scesa dal picco dell'8,7% a fine 2022 al 4,7% ad aprile e le indagini di mercato prevedono che tornerà all'obiettivo della banca centrale del 3% nel giro di circa un anno. Tuttavia, Banxico (la banca centrale) ha tagliato il suo tasso di riferimento solo una volta finora, dall'11,25% all'11,00% a marzo. “Pertanto – precisa - vediamo spazio per ulteriori tagli dei tassi nei prossimi mesi, che farebbero scendere i rendimenti e farebbero salire i prezzi dei titoli di Stato in valuta locale”.
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