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Investimenti, il credito premierà ancora

10/2/2023

Per gli esperti di Eurizon, “All’interno del comparto, si preferisce ancora l’Investment Grade, interessante in termini di rendimento a scadenza e spread e naturalmente meno volatile di High Yield ed emergenti, pur interessanti in termini valutativi”


“Come finire bene un anno positivo”. Si intitola così l’approfondimento del nuovo numero di ‘The Globe’, la pubblicazione mensile di Eurizon sulle view di investimento della società.

Per gli analisti della società di gestione guidata dall’a.d. Saverio Perissinotto (in foto), “il 2023 ha finora sorpreso in positivo. Era iniziato soffocato dall’inflazione e dal rialzo dei tassi e doveva sfociare in una recessione globale. Dopo nove dodicesimi ci ritroviamo con mercati (quasi) tutti positivi, inflazione dimezzata rispetto ad un anno fa ed economia globale ancora in espansione

È lo scenario di rallentamento dolce che molti auspicavano, in cui pochi credevano. Ora i mercati lo hanno preso come ipotesi centrale e per finire l’anno bene ci vorranno conferme. Confermare è più difficile che sorprendere, ma vi sono i presupposti perché ciò accada”.

 

“La prima conferma - argomentano gli esperti - deve arrivare dall’inflazione. La parte facile della discesa è passata, guidata dal calo dei prezzi delle materie prime, che però si è esaurito da alcuni mesi. Anzi, ultimamente il prezzo del petrolio sta risalendo spinto dai tagli alla produzione. Non si tratta, però, di una nuova fiammata inflazionistica da eccesso di domanda; i prezzi dei metalli industriali infatti sono ai minimi dell’anno. Ma il rincaro dell’energia può rallentare, anche se non invertire, la discesa dell’inflazione”. <

Il secondo elemento di attenzione riguarda il ciclo economico: “L’economia globale ha finora retto meglio del previsto allo shock inflazionistico e al susseguente rialzo dei tassi. L’attività economica è risultata in moderazione dopo gli eccessi del 2021/2022, ma in nessuna area si è materializzata la temuta (da molti prevista) recessione. L’economia USA si mantiene in crescita stabile. Il mercato del lavoro ha ridotto gli eccessi di crescita del 2022, ma continua a creare posti di lavoro. Questo, assieme ad un aumento dei salari reali positivo dopo il calo dell’inflazione, sostiene i consumi.

Segnali di rallentamento sono invece arrivati dall’Eurozona, dove i consumi soffrono un’inflazione tutt’ora elevata e dove la mancata accelerazione cinese pesa sugli scambi commerciali”.

“Nei mesi finali dell’anno - prevedono gli economisti - si cercherà conferma dei segnali di stabilizzazione dell’attività manifatturiera a livello globale, che permetterebbe al ciclo economico di proseguire su un sentiero stabile di espansione, evitando il rallentamento duro. Indicazioni rassicuranti in questo senso arrivano dagli interventi moderatamente espansivi decisi in Cina e dal fatto che il livello delle scorte industriali è ormai molto basso, anticipando una probabile riaccelerazione della produzione”. 

Le banche centrali, “a fronte di un’inflazione sopra l’obiettivo e di una tenuta della crescita economica, non hanno fretta di dichiarare terminata la fase restrittiva. Già da alcuni mesi, però, le aspettative sul punto di arrivo per i tassi di interesse sono consolidate al 5,5% per la Fed e al 4,5% per la BCE, livelli a cui si è arrivati con le ultime mosse. Sì conferma l’idea che i tassi obbligazionari a breve e media scadenza siano molto interessanti come flusso cedolare a bassa volatilità. Il punto interrogativo riguarda però il livello di equilibrio a cui i tassi Fed e BCE scenderanno tra il 2024 e il 2025, una volta terminata la lotta all’inflazione. La tenuta della crescita economica ha indotto gli investitori a pensare che i tassi Fed e BCE possano restare su livelli elevati a lungo e poi scendere ‘solo’ al 4% in USA e al 3% in Eurozona. Questo il motivo del rialzo, attualmente in atto, dei tassi a lunga scadenza che, fino a poche settimane fa, ipotizzavano tassi Fed e BCE di equilibrio più bassi. Fino a quando non si saranno stabilizzate le aspettative in questo senso, i tassi a lunga scadenza potrebbero restare volatili. In ottica di medio termine gli attuali livelli dei tassi a lunga appaiono tuttavia interessanti, soprattutto quelli offerti dai titoli reali, ora sopra il 2% per USA e Italia, e nuovamente positivi anche per la Germania”. 

“Le attività di rischio - constatano i manager - sono state le maggiori beneficiarie delle sorprese positive relativamente all’attività economica. Il credito potrebbe continuare ad offrire opportunità interessanti in un contesto di tassi governativi in stabilizzazione, per quanto volatile, anche se i tassi Fed e BCE dovessero restare su livelli elevati più a lungo del previsto. L’evento avverso da evitare, per il credito, è il rallentamento brusco dell’economia, ipotesi al momento non supportata dai dati. All’interno del credito si preferisce ancora il comparto Investment Grade, interessante in termini di rendimento a scadenza e spread e naturalmente meno volatile di High Yield ed emergenti, pur interessanti in termini valutativi”.

Capitolo azioni: “Queste sono state la vera sorpresa rispetto alle attese di consenso di inizio anno. Il rialzo delle quotazioni è avvenuto per tutti i mercati a fronte di utili in calo. Ne consegue che le valutazioni sono ora meno interessanti rispetto all’inizio dell’anno. Inoltre, la risalita dei tassi a lunga ha frenato i mercati azionari, che si interrogano sulla sostenibilità di tassi alti per lungo tempo. La volatilità delle azioni innescata dai mercati obbligazionari è, il più delle volte, motivo di stabilizzazione per i tassi e, in ultima analisi, occasione di ripartenza per l’azionario. Anche questa volta potrebbe andare così”.


Strano 2023 per il dollaro: “L’indebolimento del primo semestre ha fotografato l’emergere dello scenario di uscita soft dalla crisi inflazionistica, quindi, l’attesa di Banche Centrali meno aggressive, Fed in primis, e la minore ricerca di valute rifugio, come è il dollaro nelle fasi di incertezza. Da luglio in poi, però, la forza dell’economia USA, in assoluto e rispetto alle altre economie, in aggiunta all’interrogativo sulla sostenibilità dei tassi a livelli elevati per un periodo prolungato, ha nuovamente incrementato la ricerca di dollari. Contro euro il movimento è stato rapido da 1,13 a 1,05”. 

“Fino a che non sarà risolto il tema tassi e l’intreccio mercati obbligazionari/azionari, è probabile che il dollaro resterà forte, anche in attesa di più evidenti segni di stabilizzazione dell’attività manifatturiera e del commercio internazionale, senza i quali la crescita dell’Eurozona rischia di allontanarsi ancora da quella USA”, concludono gli esperti di Eurizon.

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