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Azionario, tempo di Europa e Giappone

8/16/2023

Dopo la pandemia da Covid-19 e a un anno dall'invasione russa dell'Ucraina il Vecchio continente si è adattato alle nuove circostanze con atipica alacrità, mentre le azioni del Sol Levante non sono mai state così interessanti


Europa e Giappone. Sono due mercati sui quali molti gestori hanno una view positiva e sui quali concentrare l’attenzione e la parte azionaria dei portafogli.

 

Partiamo dall’Europa. Come spiega Julie Dickson, investment director azionario di Capital Group, “l'economia ha dimostrato un'ottima tenuta nonostante le vicissitudini (dalla guerra all’inflazione ai costi di materie prime ed energia). I consumatori hanno continuato a spendere e le società europee beneficiano di crescita interna modesta ma di opportunità internazionali, tra cui la riapertura dell'economia cinese. Alcune multinazionali europee di maggior successo sono state abili a sfruttare flussi di reddito esterni. Ad esempio, la danese Novo Nordisk, per il suo farmaco per la perdita di peso Wegovydi, ha registrato un'enorme domanda a livello mondiale, tanto da raddoppiare le previsioni di vendita rispetto al 2019”.

 

"Oggi vi è un maggiore ottimismo, una fiducia crescente sul fatto che qualsiasi rallentamento economico dovuto ai costi dell’energia non sarà grave, nella speranza che l’approvvigionamento di gas possa essere mantenuto a livelli adeguati anche nel prossimo periodo invernale" segnala George Dent del team di gestione del fondo BNY Mellon Long-Term Global Equity di BNY Mellon Investment Management"E anche se lo spettro dell’inflazione non è ancora stato scacciato, molte delle principali società europee hanno dimostrato una buona resilienza operativa di fronte alle crescenti sfide del contesto economico". "Investire in Europa significa evitare congetture" prosegue il collega Murdo MacLean, che sottolinea l'importanza di un'analisi bottom-up, concentrandosi sulle prospettive di crescita a lungo termine delle aziende di qualità.

 

"L'Europa è la patria di aziende iconiche di beni di lusso con marchi il cui patrimonio è difficile da replicare, come LVMH, che recentemente è diventata la prima azienda europea a raggiungere i 500 miliardi di dollari di controvalore di mercato. Il conglomerato francese ha marchi ben diversificati, che dai cosmetici di lusso a prezzi accessibili sino alla pelletteria e allo champagne di fascia alta. L'industria del lusso è cresciuta del 6% annuo negli ultimi 25 anni, e la diversificazione del marchio ha permesso a LVMH di sovraperformare il settore ogni anno" prosegue il gestore.

 

 "Un certo numero di aziende sono in una posizione privilegiata per un futuro in cui l'idrogeno gioca un ruolo più importante nelle necessità energetiche. Le aziende del gas industriale, come Linde, sono ben posizionate per trarre vantaggio da un'economia dell'idrogeno e stanno aprendo la strada con i suoi investimenti in tecnologia e infrastrutture per aiutare nell'adozione su larga scala" specifica ancora Dent che conclude: "Qualunque siano le difficoltà macroeconomiche l’Europa rimane un serbatoio di grandi aziende che dovrebbero continuare a eccellere sulla scena globale, offrendo opportunità attraenti agli investitori azionari di lungo periodo.

 

Veniamo ora al Giappone. “Il contesto demografico è stato critico nell'ultimo decennio, ma le cose potrebbero cambiare con l'impennata dell'inflazione post-pandemia” riprende Julie Dickson. “In un paese in cui gli incrementi salariali sono rari, quasi il 30% delle società giapponesi leader di settore ha annunciato aumenti quest'anno (ad esempio, Nintendo e Hitachi del 10% e di quasi il 4%, Fast Retailing fino al 40%)”.

 

Dickson spiega che gli ingenti aumenti salariali saranno controproducenti per gli utili aziendali ma i margini di profitto sono ai massimi da molti decenni; “pertanto, molte società possono permettersi di condividere la ricchezza.  Funzionari pubblici e sindacati giapponesi sono d'accordo e hanno promosso un aumento generalizzato degli stipendi di circa il 3,8% quest'anno, pari all'incirca all'inflazione inerziale, salita al massimo degli ultimi 41 anni. La disponibilità a concedere aumenti è correlata alle relative aspettative di crescita della domanda a tre anni di distanza e questa tendenza potrebbe essere di buon auspicio per la spesa al consumo in futuro” conclude.

 

“Le azioni giapponesi hanno sofferto per decenni dopo lo scoppio della bolla nel 1980, perdendo il 56% del loro valore dal dicembre 1989 al giugno 1992” commenta Simone Di Biase, responsabile relationship management di BG SAXO, sottolineando che “le valutazioni non sono mai state interessanti durante questo periodo, poiché le società giapponesi sono cresciute a un ritmo lento”.

 

Il gestore ricorda che “dalla Grande Crisi Finanziaria del 2008, le cose sono cambiate. Soprattutto da quando diversi hedge fund statunitensi si sono impegnati in movimenti attivisti e hanno costretto le società giapponesi a diventare più efficienti e sostenibili. Ecco perché queste ultime oggi stanno riacquistando azioni ad un ritmo che non si vedeva da decenni e, negli ultimi 12 mesi, hanno restituito il 3,5% del valore di mercato sotto forma di dividendi e riacquisti/buyback (chiamati anche shareholder yield) in calo rispetto al rendimento del 4% degli azionisti nel dicembre 2022 con il rally delle azioni giapponesi. Sebbene le società giapponesi siano diventate più efficienti in termini di capitale, sono ancora ferme su grandi saldi di cassa con l'indebitamento netto a 357 yen per azione negativo nell'indice MSCI Japan. Questo significa che il rapporto Enterprise Value / EBITDA per le azioni giapponesi è inferiore del 61% rispetto alle azioni statunitensi. Il calo dell'EV/EBITDA significa che le azioni nipponiche sono meno sensibili a tassi d'interesse più elevati e che esiste un notevole potenziale di rialzo derivante dall'espansione delle valutazioni” conclude Di Biase.

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