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12/12/2022
Gli investitori istituzionali a livello globale si approcciano al 2023 con una visione sommessa dell'economia e prospettive contrastanti per i mercati, con aspettative di tassi d'interesse, inflazione e volatilità ancora più elevati per il prossimo anno. Lo rileva l’ultima edizione dell’Institutional Investors Survey di Natixis Investments Managers. L’indagine, condotta tra ottobre e novembre di quest’anno, ha coinvolto circa 500 investitori istituzionali in 29 Paesi di Nord America, America Latina, Regno Unito, Europa continentale, Asia e Medio Oriente che hanno nel complesso in gestione 20.100 miliardi di dollari di asset per pensioni pubbliche e private, assicurazioni, fondazioni, dotazioni e fondi sovrani di tutto il mondo
Entrando nel dettaglio delle principali evidenze, la stragrande maggioranza dei partecipanti all’indagine (85%) ritiene sia già in atto una recessione, o che comunque si manifesterà l’anno prossimo, mentre il 54% ritiene che sarà addirittura necessaria per tenere sotto controllo l'inflazione. Gli istituzionali individuano negli errori delle banche centrali una delle maggiori minacce per l'economia. Ma la maggior parte (65%) afferma che il rischio di recessione, un risultato probabile della politica delle banche centrali, impallidisce di fronte al rischio di stagflazione, ovvero un periodo di crescita negativa del Pil con inflazione radicata e disoccupazione in crescita.
Ma non tutte le notizie relative all'inflazione sono negative. Date le prospettive che i banchieri centrali continuino a combattere l'inflazione con rialzi dei tassi nel nuovo anno, sette investitori istituzionali su dieci (72%) ritengono che l'aumento dei tassi favorirà una ripresa degli investimenti tradizionali a reddito fisso, e il 56% è ottimista sui mercati obbligazionari nel 2023.
Gli investitori sono nel complesso rialzisti anche sul private equity (62%), mentre sono più cauti – suddivisi tra rialzisti e ribassisti – quando si parla di mercati azionari e private debt. Sono invece per lo più ribassisti sul settore immobiliare commerciale (82%), con il 61% che concorda su un fatto: la continua prevalenza del lavoro a distanza comporterà un forte deprezzamento degli asset immobiliari commerciali.
Di converso, gli istituzionali sono più favorevoli agli investimenti sostenibili: il 62% del campione ritiene si possa trovare alfa nell'universo ESG, con una quota del 59% che sta programmando un incremento degli investimenti sostenibili. In particolare, la metà di coloro che possiedono green bond a livello globale prevede di aumentare i propri investimenti, mentre una quota simile pensa di mantenere la propria allocazione attuale.
Quanto alle prospettive per i mercati emergenti, secondo gli istituzionali queste sono condizionate dal braccio di ferro geopolitico tra Stati Uniti e Cina e dalle fluttuazioni valutarie; la diminuzione delle opportunità d'investimento è vista in un’ottica ESG più accentuata.
Con il rinnovato interesse per il mondo obbligazionario e la graduale riduzione dei programmi di acquisto da parte delle Banche centrali, la liquidità sta diventando un problema. Il numero di investitori istituzionali che indica questo tema come uno dei maggiori rischi per il portafoglio per il 2023 è quasi triplicato, passando dal 13% di un anno fa al 36% dell’ultima rilevazione.
"Nonostante i forti venti contrari e le possibili perturbazioni all’orizzonte, gli istituzionali sono rialzisti sulla maggior parte delle asset class e vedono una crescita opportunistica per i gestori attivi", ha dichiarato Marco Barindelli, responsabile per l’Italia di Natixis Investment Managers. E ha aggiunto: "Dopo un decennio di impennate dei prezzi delle azioni alimentate dai bassi tassi d'interesse, il 2023 sarà l'anno in cui da una parte il mercato riconoscerà nuovamente il valore intrinseco delle società e, di conseguenza, i relativi prezzi; dall’altra si tornerà a guardare con attenzione al reddito fisso".
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