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Italia: industria resiliente ad agosto, ma non durerà

10/11/2022 | Daniele Riosa

Secondo Paolo Mameli di Intesa Sanpaolo e Paolo Pizzoli di ING i dati del mese sono tipicamente molto volatili e non vanno eccessivamente enfatizzati


La produzione industriale ha registrato un aumento superiore a ogni più rosea previsione ad agosto (+2,3% m/m, dopo il +0,5% di luglio). Paolo Mameli, senior economist di Intesa Sanpaolo, rileva che “l'indice destagionalizzato della produzione risulta ora superiore del 3,9% rispetto al livello pre-Covid (febbraio 2020), ed è tornato anche al di sopra dei livelli pre-bellici (+1,1% rispetto a febbraio 2022). Su base annua, la produzione è rimbalzata al 2,9% da un precedente -1,3% (sui dati corretti per gli effetti di calendario)”.

“L'aumento registrato nel mese - precisa il manager - è stato guidato dai beni di consumo, che sono rimbalzati del 2,6% m/m dopo essere calati in ciascuno dei tre mesi precedenti (tuttavia, i durevoli sono scesi per il terzo mese di fila). I beni strumentali sono cresciuti dell'1,8% m/m dopo il 2,1% di luglio. Anche i beni intermedi hanno visto un aumento (0,8%), mentre la produzione nel settore energetico è scesa per il secondo mese (-2,3% m/m). Su base annua, i beni di consumo sono ancora trainanti (8,6% a/a), mentre i beni intermedi restano in calo tendenziale (-1,4%). Il dettaglio per settore però è misto, e non univocamente positivo. Da un lato, alcuni comparti mostrano una crescita annua molto ampia (farmaceutica +51%, computer ed elettronica +31%, tessile e abbigliamento +20,9%). Dall’altro lato, in deciso calo rispetto a un anno prima troviamo, non a caso, i settori più energivori: chimica (-14,6%), metalli (-11,3%) e gomma e plastica (-4,3%). La produzione industriale è ora in rotta per un aumento marginale nel 3° trimestre (0,3% t/t, in caso di stabilità a settembre)”.

“Tuttavia - constata Mameli - i dati di agosto sono tipicamente molto volatili (in quanto molto influenzati dalle tempistiche delle chiusure delle fabbriche per ferie), e non vanno perciò a nostro avviso eccessivamente enfatizzati. In ogni caso, il parziale allentamento delle strozzature dal lato dell'offerta suggerito dalle indagini (almeno fino ad agosto) potrebbe aver avuto un ruolo nel favorire un aumento della produzione in luglio e agosto. Tuttavia, sospettiamo che l’output possa essere tornato a calare a settembre. Soprattutto, le indagini suggeriscono che il peggio deve ancora venire, in particolare nei settori ad alta intensità energetica (il cui trend potrebbe essere anticipatore rispetto a quello della maggior parte degli altri comparti)”.

In sintesi, “l’industria sinora si è mostrata più resiliente rispetto a quanto era lecito attendersi sulla base dell’entità dello shock sulle materie prime nei mesi primaverili ed estivi, sia perché le imprese industriali hanno potuto far fronte allo shock partendo da elevati livelli di profitti e liquidità accumulati nell’ultimo anno e mezzo, nonché di ordini ‘accumulati’, sia perché gli effetti ‘a valle’ dei rincari energetici sono in qualche modo ‘ritardati’ dai meccanismi di fissazione dei prezzi (per la presenza di contratti a lungo termine e, specie per le grandi imprese, di strumenti di hedging)”.

“In ogni caso - conclude il senior economist di Intesa Sanpaolo - l’impatto potrebbe essere solo rimandato. Dopo una sostanziale stagnazione nei mesi estivi, continuiamo ad aspettarci una contrazione del PIL su base congiunturale nei prossimi trimestri, verosimilmente tra fine 2022 e la prima parte del 2023, quando ci aspettiamo un picco per i prezzi del gas naturale. A nostro avviso, i rischi sull'attività economica, sia nel settore industriale che sull’attività economica in generale, restano orientati al ribasso”.

Dello stesso avviso Paolo Pizzoli, senior economist di ING, secondo cui “sebbene il dato di agosto possa ancora essere parzialmente interpretato come una prova del fatto che l'industria italiana continua a essere relativamente più resiliente alle interruzioni della catena di approvvigionamento internazionale e ai prezzi dell'energia in aumento, ci aspettiamo che il quadro si deteriori nei prossimi mesi. L’indice PMI manifatturiero è in territorio di contrazione da luglio e la fiducia delle imprese è crollata a settembre, con la sottocomponente della produzione prevista in calo a livelli che non si vedevano dal novembre 2020. L'insieme di misure messe in atto dal governo uscente per far fronte allo shock dell'inflazione energetica contribuirà a limitare i danni per le imprese, ma è improbabile che impedisca all'industria di diventare un freno alla crescita sia nel 3Q22 che nel 4Q22”.

“La svolta restrittiva della Banca Centrale Europea - conclude Pizzoli - non renderà le cose più facili nei prossimi mesi e potrebbe pesare sulla componente degli investimenti. Una contrazione del PIL potrebbe ancora essere evitata nel 3T22, ma non nel 4T22. Dopo il dato odierno continuiamo a pensare che l'economia italiana potrebbe riuscire a evitare una contrazione nel 3T22 (prevediamo una lieve espansione del PIL dello 0,1%) ma rimaniamo convinti che ciò non sarà possibile nel 4T22, quando prevediamo una contrazione dello 0,5% trimestre su trimestre, che dovrebbe segnare l'inizio di una recessione”.

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