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Russia-Ucraina, strada in salita per le Banche centrali

2/28/2022 | Redazione Advisor

Dal punto di vista della politica monetaria, questo conflitto implica un ulteriore deterioramento dei già difficili compromessi tra crescita e inflazione rendendo le prossime decisioni particolarmente difficili


Il conflitto in corso tra Russia e Ucraina rende più complesse le decisioni delle Banche centrali, che sono già alle prese con decisioni difficili riguardo al difficile compromesso tra crescita e inflazione.  E’ l’analisi di Silvia Dall’Angelo, senior economist per la divisione internazionale di Federated Hermes.

 

“Il rischio geopolitico può zavorrare le prospettive economiche globali in maniera eterogenea. L'ansia sui mercati finanziari può portare a condizioni finanziarie più rigide a livello globale, ad esempio attraverso il rafforzamento del dollaro - tipicamente visto come valuta rifugio - che, casomai fosse prolungato, diventerebbe problematico, soprattutto per i Paesi emergenti. L'incertezza geopolitica ha un impatto negativo sul sentiment di imprese e consumatori zavorrando le decisioni di investimento e di consumo. Inoltre, in un mondo interconnesso, i conflitti regionali possono provocare interruzioni della catena di approvvigionamento, con ampie conseguenze negative per la produzione su scala globale” osserva l’economista.

 

Questo specifico conflitto è anche probabile faccia aumentare i prezzi dell'energia in modo significativo, con effetti inflazionistici immediati ed un grande freno alla crescita globale. “La Russia è un importante esportatore di materie prime energetiche - il primo fornitore di gas in Europa -  mentre l'Ucraina è un produttore di cereali. In effetti, la conseguenza di mercato più immediata dell'ultima escalation è stata un'impennata dei prezzi del petrolio. Quindi è facile prevedere un aumento dell'inflazione energetica e, in misura minore, alimentare a livello globale nel breve termine. Questo tipo di inflazione guidata da shock lato approvvigionamento esterno tende ad essere in un certo qual modo autolesionista, dato che è tipicamente una cattiva notizia per la crescita economica. Erode i redditi reali e ingigantisce i costi di produzione, risultando in una domanda aggregata più debole e in pressioni inflazionistiche nel tempo”.

 

Dal punto di vista della politica monetaria, questo conflitto implica un ulteriore deterioramento dei già difficili compromessi tra crescita e inflazione che le Banche centrali hanno affrontato, rendendo le prossime decisioni particolarmente difficili. “Nell'attuale contesto di inflazione già alta e di preoccupazioni per i cosiddetti effetti di secondo round, le Banche centrali continueranno probabilmente a rimuovere gli stimoli monetari - evidenzia l’economista - Ma i rischi di crescita al ribasso legati allo scenario geopolitico significano che probabilmente procederanno in maniera graduale e prudente. Inoltre, l'impatto della crisi sulla politica monetaria sarà diverso a seconda delle diverse Banche centrali. Mentre la Fed sembra essere più isolata, la BCE e la BOE affrontano una situazione più difficile, dato che l'Europa è un importatore netto di materie prime energetiche e dipende dalla Russia per il gas e, in misura minore, per il petrolio”. In generale, conclude, “è giusto dire che la crisi aumenta la possibilità di errore da parte delle Banche centrali”.

 

 

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