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Attenti alla svalutazione dello yuan

5/8/2020 | Redazione Advisor

Il graduale deprezzamento della valuta cinese avrà implicazioni significative e negative sull’economia mondiale. L’analisi di Mirabaud


Sui mercati valutari si sta sviluppando un movimento sostanziale che riguarda in particolare lo yuan. Lo scorso 1° maggio, la valuta cinese ha raggiunto il suo livello più basso contro il dollaro da marzo, vicino ai livelli registrati a ottobre 2019. Dal 17 gennaio di quest'anno, lo yuan è scivolato di circa il 3,5% rispetto al dollaro, mentre da marzo 2018 la valuta cinese è scesa di oltre il 14% contro il biglietto verde. John Plassard, investment specialist del Gruppo Mirabaud, analizza le possibili implicazioni sul mercato di questa graduale svalutazione dello yuan.

 

“Il minor valore della moneta cinese ha l'effetto di ridurre l’impatto dei dazi doganali (ancora in vigore) imposti da Donald Trump e di rendere i prodotti cinesi meno costosi per gli acquirenti che utilizzano altre valute. Il deprezzamento della moneta è quindi una strategia rischiosa ma potenzialmente redditizia di fronte al disastro economico provocato dal coronavirus” spiega Plassard. “Nel 2018 i trader del Forex insistevano sul fatto che la soglia critica per il cambio USD/CNH fosse a 7. Tale livello è stato ampiamente superato - raggiungendo il tetto di 7,24 - al culmine della crisi commerciale tra Washington e Pechino. Si ritiene che il superamento di questa soglia possa portare a una fuga di capitali dalla Cina e seminare scompiglio nei mercati mondiali in crescita. Lo yuan è stato un elemento di stabilità finanziaria per tutti i mercati. Nel 2015, ad esempio, il suo indebolimento è stato considerato una causa potenziale di deflazione globale” prosegue lo strategist di Mirabaud.

 

Quali potranno essere gli effetti di questa progressiva svalutazione del renmimbi? “Nel complesso, le conseguenze di questa offensiva cinese sull'economia mondiale saranno probabilmente significative e negative” sottolinea Plassard. “Il calo dello yuan peserà prima di tutto sui prezzi delle materie prime denominate in dollari. Questi sono già depressi a causa del rallentamento cinese, dell'eccesso di capacità produttiva nel Regno di Mezzo e delle tensioni commerciali. Di conseguenza, le economie che dipendono da queste materie prime ne risentiranno. Ciò vale soprattutto per l'Australia, il Canada, i Paesi del Medio Oriente e il Brasile. Il caso del gigante sudamericano è particolarmente preoccupante, in quanto la recessione del Brasile sta minando altre economie latinoamericane, tra cui alcune molto solide (quella dell’Uruguay, ad esempio)”.

 

Un’altra vittima eccellente potrebbe essere l’Eurozona. “In effetti, una svalutazione accentuerebbe le pressioni deflazionistiche, il che sarebbe molto preoccupante per la BCE che cerca di portare su l'inflazione. Sarebbe quindi teoricamente necessario avviare una politica di acquisto di asset molto più sostanziale per far scendere l'euro. L'Eurozona è quindi costretta ad essere più propensa ad impegnarsi in una profonda riflessione sulla sua valuta e sulla futura politica monetaria, proprio come sta facendo la Federal Reserve”.

 

“Gli analisti dovrebbero continuare a prestare attenzione alle fluttuazioni valutarie, storicamente un indicatore principale molto importante. L'ulteriore declino dello yuan potrebbe spingere i mercati finanziari verso una volatilità ancora più ampia e punire severamente le economie emergenti. 7 sembra essere il numero fatidico” conclude l’esperto.

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