Sulla scia della sempre più ampia propagazione del contagio da coronavirus, che sta causando ricadute pesanti sulla crescita globale, oltre che volatilità sui mercati e stress crescenti a livello creditizio, gli economisti di S&P Global Ratings prevedono ora che quest’anno l’economia mondiale entrerà in recessione, con una crescita del PIL che si attesterà intorno all’1-1,5% al massimo, e con rischi che al momento sono al ribasso.

 

“I primi dati in arrivo dalla Cina suggeriscono che l’economia del colosso asiatico è stata colpita in maniera molto più pesante di quanto ci si attendeva, nonostante sia iniziata una fase di stabilizzazione” spiega Paul F Gruenwald, global chief economist di S&P. “Europa e Stati Uniti stanno seguendo un percorso analogo, dove le restrizioni sempre maggiori nei contatti interpersonali fanno presagire un collasso della domanda che porterà ad un crollo dell’attività economica nel secondo trimestre, mentre un recupero è previsto più avanti nel corso dell’anno”.

 

A livello regionale, S&P si attende per gli Stati Uniti una crescita del PIL tra -0,5% e 0, per l’area euro tra -1% e -0,5%, per la Cina tra il 2,7% e il 3,2%, e per il resto del mondo tra 1,4% e 1,9%.

Il quadro è misto per i mercati emergenti, dove l’impatto dipenderà dall’andamento dei flussi di capitali e dalla loro dipendenza dalle materie prime. I paesi con forti squilibri verso l’estero (come Indonesia, Messico e Sud Africa) sono ad alto rischio, così come quelli con un elevato debito estero (come la Turchia) o che sono esportatori di petrolio (i Paesi dell’area del Golfo Persico, Russia e Colombia). Al contrario, i paesi importatori, inclusa buona parte dell’Asia emergente, dovrebbero beneficiarne.