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4/4/2018 | Greta Bisello
La Fed rimane fedele a quanto comunicato e fatto intendere nei mesi passati ai mercati e non sorpende i tassi di interesse statunitensi. Tuttavia però, nell'analisi di Sandra Holdsworth, investment manager del fixed income team di Kames Capital, si sottolinea come anche un altro aspetto sia importante in fatto di politica monetaria. La Banca centrale americana infatti, lo scorso ottobre, ha annunciato che avrebbe dato inizio al tanto atteso snellimento del proprio bilancio, riducendo così il livello di liquidità all’interno del sistema finanziario. In poche parole: l’istituto di Washington sta rivendendo obbligazioni che erano parte del suo bilancio al sistema bancario, titoli che sono quindi comprati dalle banche utilizzando la loro liquidità o le riserve che solitamente mantenevano o ponevano in strumenti del mercato monetario.
Da un lato, dunque, ci sono meno risorse che le banche possono investire in strumenti liquidi come quelli scambiati all’interno del mercato monetario. Dall’altro, però, l’offerta proprio di tali strumenti è aumentata in maniera drammatica. A causa dei continui intoppi visti nella gestione del budget e del debt ceiling, infatti, il dipartimento del tesoro Usa in febbraio e marzo ha aumentato massivamente le emissioni. A ciò si è aggiunta la riforma fiscale che ha reso più vantaggioso per le aziende statunitensi finanziare le proprie attività attraverso carte commerciali (commercial paper), piuttosto che veicolare liquidità da controllate estere.
Per la prima volta dallo scoppio della crisi, dunque, il costo del denaro stabilito dalla Fed non costituisce più un buon termometro delle condizioni finanziarie del Paese.
In conclusione, nonostante i tassi ufficiali siano saliti in maniera graduale, il reale costo di finanziamento è aumentato ad una velocità doppia. Non c’è da stupirsi che i mercati siano nervosi a riguardo: l’ultima volta che ciò è accaduto ci trovavamo nel bel mezzo della crisi finanziaria.
Stavolta, però, c’è una differenza sostanziale. Le ragioni di questo disequilibrio non sono legate a problemi di credito o solvibilità, ma a dinamiche di domanda e offerta. Il tutto dovrebbe quindi presto risolversi, non appena lo sbilanciamento si ridurrà.
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