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2/13/2018 | Greta Bisello
Il WTI non ha sorpreso nei primi due mesi dell'anno, dopo aver avuto il miglior esordio da oltre dieci anni e aver toccato il suo livello massimo a 66,6 $ alla metà di gennaio. Il crollo dell''8% ha fatto scendere il petrolio fino a 60,5 $ la causa è stata il preoccupante rapporto domanda/offerta.
Per quanto riguarda l'offerta il mercato si è messo in allarme a causa della produzione petrolifera americana, al suo massimo storico di 10,25 milioni di barili ogni giorno. Complici anche le scorte di greggio che hanno cessato il ritmo di costante diminuzione così da inficiare l'obiettivo OPEC di ridurre le scorte rispetto a quelli medi degli ultimi 5 anni. Senza dimenticare l'aumento a 29 nuove piattaforme petrolifere.
Prosegue l'analisi di Pierre Melki, equity analyst global equity research, UBP, dal fronte domanda quella statunitense è ancora buona e le importazioni cinesi sono a livelli record con prospettive positive a lungo termine. A spingere i consumi, la penetrazione della proprietà delle auto e il trend di vendita delle automobili più grandi (i SUV rappresentano il 40% delle nuove vendite). Inoltre, siamo ancora fiduciosi che una crescita della domanda in India possa essere fonte di sorprese al rialzo.
Inoltre, non va dimenticato lo scenario geopolitico che si è progressivamente disteso. Se si considera la situazione dell'Arabia Saudita, la politica interna e le tensioni esterne col Qatar, sembrano essersi ridimensionate. Il calo delle notizie negative provenienti da importanti produttori petroliferi come Venezuela e Iran ha eliminato un forte sostegno ai prezzi del petrolio.
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