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1/11/2018 | Greta Bisello
Apertura record per l’oro nel 2018, che ha toccato i massimi da metà settembre 2017, alimentato da alcuni fattori: le tensioni geopolitiche tra Stati Uniti e Corea del Nord, la decisione di Trump di riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele e recentemente la minaccia politica ed economica rappresentata dall’Iran. Altri fattori tangibili come il calo del dollaro ai minimi da tre mesi e l’appiattimento della curva dei rendimenti. Elementi destabilizzanti dicevamo che hanno spinto gli investitori verso il bene rifugio.
A livello globale, come delineato da Névine Pollini, senior commodity analyst di Union Bancaire Privée, la crescita economica risulta ancora molto robusta e sincronizzata, le banche centrali iniziano un percorso di restrizione e la Fed prevede per quest’anno 3 rialzi dei tassi anche se c’è preoccupazione diffusa su un eventuale aumento più rapido come un rialzo dell’inflazione non sostenibile.
Per la congiuntura di queste ragioni, prosegue Pollini, UBP mantiene un atteggiamento cauto nei confronti dell’oro, soprattutto se si guarda a una prospettiva a lungo termine, il metallo si stabilizzerà in una fascia compresa tra i 1.100 e i 1.350 dollari, con un rialzo limitato nei prossimi anni.
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