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6/16/2017 | Gloria Grigolon
Mercato azionario americano in crescita da novantanove mesi, ma a pesare è soprattutto l’ingegneria finanziaria. Successo anche per l’equity europeo, che a maggio ha registrato la maggior rotazione di liquidità degli ultimi 18 anni; gli investitori del Vecchio Continente, tuttavia, restano avversi al rischio. La Cina intanto persegue l’obiettivo di una stabilizzazione finanziaria, non tralasciando però la qualità della crescita. Quale incognite si celano dietro la finanza del Dragone?
La tappa virtuale del roadshow di Fidelity International, tenutasi venerdì mattina, ha affrontato alcune delle tematiche che più impatteranno sulle scelte d’investimento nei prossimi mesi.
Il 2017 ha ridato prova del fatto che il “Sell in may and go away” spesso non funzioni. Donatella Principe (nella foto), Head of FSU and Institutional Sales, ha ripercorso gli effetti del reflation trade, che ha spinto a rialzo gli indici della fiducia dopo la salita alla Casa Bianca del presidente Donald Trump. Il comparto che più ha beneficiato di tali dinamiche è stato l’azionario che, nonostante si tema possa ora frenare, riserva spazi di crescita motivati da utili in aumento e margini aziendali positivi.
In un’ottica di investimento a più lungo termine, ha ricordato Principe, resta fondamentale il posizionamento nel settore USA dell’innovazione: gli Stati Uniti vantano infatti il 68% del totale degli investimenti in Healthcare, col 72% del posizionamento complessivo nell’indice dell’information technology.
Con lo smorzarsi del reflation trade, anche la view sul dollaro statunitense è passata a ribassista, carta che potrà essere sfruttata dai paesi emergenti. Dopo un 2015 da dimenticare, il 2016 ha assistito ad una netta inversione del trend sul debito emergente, divenuto quest’anno una delle attività preferite da inserire in portafoglio. Donatella Principe ha sottolineato a proposito come la scelta dovrebbe ricadere sui titoli corporate in valuta locale, che rispetto ai governativi hard-currency vantano qualità del credito superiore (investment grade) e duration più ridotta.
Se da un lato il mercato dello Zio Sam si mantiene in forze, dall’altro l’azionario europeo ha la strada spianata: l’equity dell’Eurozona ha infatti registrato una sottoperformance del 60% rispetto al collega a stelle e strisce, che ha determinato una sottovalutazione del 55%. Oltre ai prezzi interessanti, il primo trimestre dell’anno ha visto le società del Vecchio Continente registrare variazioni sugli utili pari al 25%, tendenza che si pensa si confermerà nei periodi a venire.
Nella zona euro, il punto di riferimento resta però il medesimo: l’inflazione e la sua sostenibilità di medio lungo periodo. A proposito, una stabilizzazione del petrolio (fatte da parte le dinamiche sullo shale oil, che ha aumentato l’output giornaliero di 0,5 milioni di barili da inizio anno) dovrebbe contribuire a mantenere il livello dei prezzi sotto controllo.
Con un ultimo sguardo alla Cina, infine, la stretta monetaria annunciata da Pechino non intaccherà la liquidità, ma la regolamentazione: nel primo trimestre 2017 il 16% del totale dei prestiti concessi è passato attraverso lo shadow banking (sistema non tracciato). Per quanto concerne la tenuta dell’economia cinese, il valore aggiunto del Dragone risiede ancora oggi nella quantità di riserve valutarie e reali detenute dalla People Bank Of China, rispetto alle quali Principe non ha dubbi: “Se mai un problema di liquidità si dovesse presentare, nessuno meglio della Cina saprebbe gestirlo”.
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