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12/14/2016
Potranno gli Stati Uniti d’America, cioè Trump, salvare l’economia mondiale e favorire le Borse? Sì, nel breve termine. A dirlo è Daniel Morris (nella foto), strategist di BNP Paribas IP (un passato in JP Morgan AM), che ha presentato ieri l’outlook del gestore patrimoniale della banca francese per il 2017. Per capire se ci sarà crescita e inflazione il prossimo anno bisognerà capire quali saranno gli effetti della nuova politica economica americana, la Trumponomics. L’analisi di Morris per i prossimi due anni è piuttosto ottimistica: “Guardano i livelli del Composite PMI notiamo che in tutte le aree si trova ora ampiamente sopra i 50 punti, un livello che indica un ciclo di espansione (sotto tale livello indica una fase recessiva, ndr)” spiega l’esperto ricordando che gli USA hanno già cominciato a recuperare dopo le elezioni.
Le previsioni di crescita sono dell’1,8% per il Pil USA nel quarto trimestre (1,6% per il 2016), mentre per il 2017 dovrebbe salire al 2,2%: dipende dagli effetti degli stimoli fiscali promessi da Trump che potrebbero generare inflazione. Il neopresidente dovrebbe anche sostenere la ripresa degli investimenti nel settore energetico, trainato anche dal recupero del prezzo del petrolio. In questo caso la Fed potrebbe essere spinta a effettuare anche più di tre rialzi dei tassi nei prossimi 12 mesi. Non mancano gli aspetti negativi: troppi stimoli potrebbero produrre una crescita eccessiva con un possibile effetto boom - bust, nel caso la Fed reagisca accelerando il ritmo del rialzo dei tassi.
Quanto all’Europa, resterà secondo Morris il “malato” anche nel 2017, con una crescita ancora fiacca attesa all’1,3% nel 2016, anche se con notevoli differenze tra paese e paese (l’Italia è il fanalino di coda con una crescita inferiore all’1%, mentre la Spagna registrerà una crescita superiore al 2%). “In genere faranno meglio i paesi con un miglior mercato del lavoro e i paesi che non hanno l’euro” sottolinea Morris. Parlando della politica monetaria della Bce, per Morris la scelta di allungare il QE ma di ridurre gli acquisti mensili da 80 a 60 miliardi è "di fatto l’avvio del tapering, perché si tratta di una riduzione degli acquisti. Purtroppo la Bce è ancora indietro rispetto alle altre banche centrali è non è chiaro quale sarà l’impatto di tale politica sull’economia reale. I prestiti bancari infatti stanno crescendo ma restano ancora su bassi livelli".
Previsioni contenute anche per la crescita del Giappone (Pil allo 0,5%), mentre tra gli emergenti il deprezzamento delle valute visto quest’anno a seguito delle aspettative dei rialzi dei tassi da parte della Fed potrebbe invertire rotta con un rafforzamento nei confronti del dollaro. "Il problema resta il livello del debito della Cina, anche se ha la capacità di sostenere una eventuale crisi debitoria. Cina, Fed e la crisi bancaria e lo stallo governativo in Italia resteranno le principali preoccupazioni sui mercati nei prossimi mesi” aggiunge Morris.
Passando agli investimenti, secondo Morris nel 2017 proseguirà la rotazione dai bond alle azioni, anche se le Borse dei mercati sviluppati sono ancora care. Negli USA, il mercato occidentale coi prezzi più alti, tuttavia tale trend potrebbe essere compensato dalla crescita degli utili. Considerando i settori, i prezzi più bassi rispetto alla media degli ultimi 30 anni (P/Es) si possono trovare oggi nell’automotive e componentistica, nei media, nei farmaceutici e biothec, nei software & servizi, nei titoli tech (hardware), nei semiconduttori e nelle Telco. "Ma guardare solo la serie storica dei prezzi potrebbe non bastare: ad esempio, gli energetici oggi sono molto cari, ma le prospettive se consideriamo il recupero del prezzo del petrolio e la politica pro-energetica di Trump non sono da sottovalutare e potrebbero spingere questi titoli a perforare bene” prosegue Morris.
L’effetto Trump, in particolare le politiche protezionistiche che potrebbero ostacolare il libero commercio a livello globale, potrebbe avere conseguenze negative sulle Borse emergenti: ecco perché secondo Morris è meglio puntare su paesi con un forte mercato interno, come Brasile, India, Cina e Indonesia. Passando al reddito fisso, Morris ricorda che il rialzo dei tassi da parte della Fed potrebbe avere effetti anche sul mercato obbligazionario europeo con il Bund decennale che potrebbe tornare a rendimenti in positivo, anche se di poco sopra lo 0, rispetto a un 3% del Treasuries. In linea generale, lo strategist consiglia di evitare i governativi (ma non i governativi americani legati all'inflazione) e di privilegiare il credito.
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