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Italia batte Europa. Parola di fund manager

6/19/2015

A rivelarlo il consueto sondaggio realizzato da Morningstar tra le principali case di investimento che operano nel Bel Paese.


I gestori credono ancora nell'Italia e meno nell'Europa. A rivelarlo il consueto sondaggio realizzato da Morningstar tra le principali case di investimento che operano nel Bel Paese e che ha visto l'indice Morningstar Italy Investment Sentiment Index (MIISI) su Piazza Affari crescere di ben dieci punti nel mese di giugno. Dati alla mano l'indice MIISI sulla Borsa milanese sale ai massimi da gennaio 2014 (data in cui è iniziato il calcolo dell’indicatore), balzando dai 68,2 punti di maggio, a 78,2 e staccandosi da quello europeo.

 

Gli attesi segnali di miglioramento dell’economia hanno cominciato a tradursi in realtà. Il Pmi del settore manifatturiero, un utile indicatore dell’attività industriale, a maggio ha toccato i massimi da febbraio 2011 e anche la fiducia dei consumatori è sui livelli più alti da 13 anni. Inoltre, i gestori valutano positivamente le riforme strutturali in atto. Infine, il mercato azionario è considerato a sconto rispetto al resto dell’Europa e ha attirato negli ultimi mesi flussi di investimento nei fondi comuni specializzati.

 

Discorso diverso, invece, per l'Europa. In questo caso l'indice di sentiment a giugno si attesta a quota 66,7 punti contro i 69,7 di maggio, un calo che però non cancella l'ottimismo dei gestori che interpretano la volatilità sui mercati azionari più come un movimento di stabilizzazione che come un segnale di cambiamento del trend. E per quanto riguarda gli Stati Uniti, il MIISI su Wall Street ha subito una minima variazione a giugno, attestandosi a 56,6 punti (57,4 a maggio).

 

Nei primi mesi dell’anno, si è registrato un rallentamento dell’attività economica negli Stati Uniti, in parte dovuto a fattori transitori. Inoltre, l’inflazione rimane sotto il tasso obiettivo del 2% ed è probabile che la Federal Reserve non intervenga sui saggi di riferimento fino a quando non ci sarà un decisivo miglioramento del mercato del lavoro. Infine, sugli utili aziendali pesa il rafforzamento del dollaro nei confronti dell’euro. Tutti questi fattori inducono i gestori a propendere per uno scenario di maggiore neutralità per le azioni.

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