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2/18/2015
Le recenti tensioni in Libia, che vanno a sommarsi alla crisi in Iraq, si sono riflesse in parziali recuperi del Brent che martedì è salito a 62 dollari al barile, salendo del 40% nelle ultime quattro settimane. Dobbiamo aspettarci un prossimo rialzo dell’oro nero legato alla minaccia islamica? I fattori rialzisti si sono rafforzati nelle ultime settimane, fa notare Harish Sundaresh, portfolio manager e senior commodities strategist di Loomis Sayles. Quanto alla sostenibilità della produzione in Libia, il periodo di stabilità si è dimostrato estremamente fugace. La produzione libica, fa notare il gestore, è scesa a 450.000 barili al giorno da oltre 800.000 barili al giorno nel quarto trimestre del 2014. “Mi aspetto - sottolinea - che il benchmark del Brent si attesti su una media di circa 60 - 65 dollari nel 2015 e 70 - 80 dollari nel 2016” .
Secondo Shawn T. Driscoll, gestore del fondo T. Rowe Price Global Natural Resources Equity, invece, il prezzo del petrolio potrebbe restare basso per più tempo di quanto i mercati si aspettano al momento. “Sebbene la più debole crescita della domanda in Cina - spiega - e in altri mercati abbia contribuito al crollo dei prezzi, l’aumento dell’offerta è stato il driver primario di questo fenomeno. Non ci aspettiamo che la crescita della produzione statunitense di shale oil (petrolio da scisto) possa decelerare velocemente, nonostante la diminuzione del 54% dei prezzi rispetto allo scorso giugno.
Inoltre, gli analisti di T. Rowe Price ritengono che ulteriori riduzioni del prezzo del petrolio nel breve termine siano possibili, sebbene i costi vivi di produzione (cash cost) suggeriscano che prezzi al di sotto dei 40 dollari per barile sono probabilmente insostenibili. “Ciò detto, non saremmo sorpresi se la quotazione del greggio rimanesse in un intervallo tra i 50 e i 65 dollari al barile (nominale) per svariati anni” conclude. I produttori americani di shale oil di primo piano possono comunque superare un periodo prolungato di prezzi bassi meglio di quanto gli investitori possano realizzare, secondo il gestore.
"Nonostante le diffuse attese di fallimenti - conclude - nel caso il greggio fosse sceso sotto gli 80 dollari al barile, riteniamo che il cash cost operativo per le più importanti società di produzione di petrolio da scisto sia in media attorno ai 15 dollari al barile, mentre il punto di breakeven complessivo è attorno ai 50 dollari al barile ed è comunque in diminuzione. L’errata determinazione del prezzo delle azioni, il mispricing, potrebbe essere il risultato di un’informazione incompleta, o di generalizzazioni eccessivamente approssimative basate sul consensus riguardante l’impatto del più basso prezzo del petrolio su ampi settori o industrie. In entrambi i casi, analisi più approfondite delle singole società probabilmente saranno fondamentali per distinguere i veri vincitori dai perdenti".
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