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Speculatori e agenzie di rating non sono gli unici colpevoli

6/6/2012 | Andrea Gentilini*

Tra i tanti “nemici” di oggi – segnalati dall’opinione pubblica e dai politici – appaiono con sempre maggior frequenza lo speculatore e l’agenzia di rating. Ma...


 

Mi sembra umano che nell’attuale atmosfera di disagio vengano fatti emergere nemici a cui – in modo un po’ semplicistico – vengono attribuite molte delle cause del nostro malessere. Mi tornano a mente gli untori del Manzoni, le streghe del Medioevo ed il più generico concetto di capro espiatorio. Sbarazzarsi del capro espiatorio, per quanto catartico possa essere per il lato emotivo del nostro malessere, non è risolutore delle cause all’origine dello stesso. Nelle situazioni in cui lo è stato, si tratta perlopiù di coincidenze temporali (lo si brucia quando la crisi è già in via di risoluzione) che non una dimostrata causalità. 
 
Tra i tanti “nemici” di oggi – segnalati dall’opinione pubblica  e dai politici – appaiono con sempre maggior frequenza lo speculatore e l’agenzia di rating. Lo speculatore ‘attacca’, rende ‘vittime’ i titoli di stato e ‘brucia’ miliardi di capitalizzazione. Le agenzie di rating addirittura perpetrano ‘complotti criminali’ verso i governi. Vale la pena ragionare sul modus operandi di questi attori sicuramente importanti, sulle loro motivazioni ed esperienze passate per poterne capirne il vero ruolo nella crisi. Sfatarne le responsabilità aiuta ad individuare le vere opportunità di miglioramento. 
 
Entrando e uscendo dalle proprie posizioni di mercato, lo speculatore ne determina il prezzo meglio di quanto non succeda là dove le transazioni sono infrequenti o il mercato è poco liquido, vale a dire determinato da pochi compratori e venditori. In tal caso, infatti, l’esiguo numero dei partecipanti fa si che un accordo incestuoso tra gli stessi per manipolarne il prezzo sia più facile. Lo speculatore non è un samaritano sia ben chiaro. Entra ed esce per trarne profitto. Tuttavia, lo fa mettendo a rischio il suo capitale. Lo può raddoppiare o perderlo interamente e finire sul lastrico. Lo speculatore non è un gruppo limitato di operatori che agisce in segreto come una loggia massonica. Gli speculatori siamo tutti noi in modo più o meno esplicito quando decidiamo per esempio di sottoscrivere una nuova emissione di titoli di stato o quando vendiamo quelli che abbiamo in portafoglio per acquistare ad esempio una nuova lavatrice. 
 
Come nessun votante preso individualmente può determinare le sorti del governo, cosi nessun speculatore può – tramite le proprie azioni di compravendita – determinare il prezzo dello strumento trattato. La speculazione è in tal senso relativamente democratica. Seguendo l’analogia, la speculazione – mettendo un prezzo al valore alla solvibilità del debito pubblico – ha fatto cadere governi molto prima che gli effetti delle loro politiche devastanti divenissero talmente gravi da essere irreversibili. Il bilancio finale? Molte perdite nei conti correnti ma nessun morto. Si crede che lo speculatore conti troppo al giorno d’oggi? Sicuramente, ma le sue armi ed il suo potere, la moneta in circolazione, sono state create da noi stessi ed aumentate in eccesso ai bisogni dell’economia. Chi ha permesso tutto questo? I governi che hanno implementato politiche monetarie espansionistiche e noi stessi che – quando andiamo in banca a fare un mutuo – aumentiamo la moneta in circolazione tramite la creazione di debito. 
 
Le agenzie di rating forniscono pagelle di merito al debito pubblico e per converso alla qualità delle finanze pubbliche sottostanti. E’ vero che le agenzie di rating sono cambiate molto rispetto a qualche anno fa, e la differenza del loro modus operandi rispetto al passato ha potuto causare sorprese. Colpevoli di aver attribuito il loro massimo voto (AAA) a porzioni di debito sub-prime, le agenzie di rating sono più restie ad elargire il loro massimo voto. Si tratta di una reazione naturale e giusta alla cosiddetta ”inflazione dei voti” che si è protratta per anni. Le agenzie di rating furono inoltre colpevoli di non aver reagito con tempestività nei primi momenti della crisi. Mi ricordo ancora quel memorandum di S&P che confermava il proprio rating a Lehman Brothers 48 ore prima dell’annuncio della sua bancarotta. È naturale attendersi come ora esse cerchino di giocare d’anticipo, con il rischio potenziale di creare allarmi laddove in realtà non ve ne siano. Ma tra l’essere allarmato troppe volte (con il rischio di esserlo a vuoto) ed il non esserlo affatto per tempo preferisco di gran lunga il primo eccesso. 
 
Il politico che criminalizza le agenzie di rating mi rammenta di quei genitori che incolpano i professori per la brutta pagella del figlio. Invece di cercare a fondo il perché del voto, attività necessarie per migliorarsi, si delegittima in fretta e furia la sorgente del verdetto.. Se infatti il professore è di bassa qualità (o l’agenzia di rating), l’aver preso un brutto voto è ancora più grave, visto che il professore (o l’agenzia di rating) ha probabilmente standard alquanto bassi. Si tratta di una critica al sistema (le agenzie di rating in quanto tali o il curriculum educativo per continuare l’analogia) piuttosto che al singolo professore (o alla singola agenzia)? Anche questo è giustificabile, ma solo in apparenza. Come è lecito domandarsi se val la pena di studiare le guerre puniche tre volte prima dei diciotto anni invece di introdurre lingue straniere ed informatica in modo più imponente, cosi è plausibile attendersi che le agenzie di rating migliorino i propri modelli di valutazione ed i loro parametri. Ma anche in tal caso, l’attacco al sistema per mano di chi ha preso il voto scadente è poco credibile. La storia insegna che le rivoluzioni degli status quo sono avvenute per mano di quelli che lo conoscono meglio, non dai somari. Si pensi ad Einstein nella fisica o a Mozart nelle composizione sinfonica. La critica infondata al sistema è anche un messaggio pericoloso per le generazioni future, alle quali si dice “non è colpa tua e puoi fregartene”, perdendo cosi un'altra opportunità per imparare ad eccellere. 
 
Val la pena inoltre soffermarsi su chi addita questi nemici e li da in pasto all’immaginario pubblico. Non sono forse quelli che furono in posizioni di potere tali da aver potuto far qualcosa prima che la situazione degenerasse? Non dovrebbero essere loro per primi a riconoscere umilmente il messaggio dei mercati e riflettere sulle decisioni passate? L’additare nemici facili e generici non è forse un tatticismo per divincolarsi dalla proprie responsabilità? 
 
Resta da chiedersi che fare. Lo speculatore, il cui impatto è riflesso nel prezzo degli strumenti di mercato come ad esempio lo spread e l’agenzia di rating sono strumenti di misura, sono termometri di un malessere. Viso che la febbre è alta, è bene guardarli, ma dichiarare come fine ultimo l’abbassamento degli stessi (vuoi la diminuzione della speculazione o il miglioramento del rating) è fuorviante. Lo scopo di ogni cura non è abbassare la febbre ma rimuovere l’infezione che l’ha generata. Sarebbe come insistere nel mettersi il ghiaccio in testa invece di individuare il virus che ha scatenato il malessere. La cura dei sintomi non coincide quasi mai con la cura della sua causa. Inoltre, consultare gli strumenti di misura di continuo non ha senso. Come non misuriamo la febbre ogni secondo perché siamo consapevoli che il tempo necessario alle cure abbisogna di svariate ore per avere effetto, così è abbastanza futile consultare o commentare il valore dello spread o del rating di continuo quando sappiamo che il tempo necessario affinché le riforme necessarie facciano il loro corso durerà parecchi mesi se non anni. Per non farsi distrarre, si deve dunque dare massima attenzione alle tre priorità correnti: riforme, riforme, riforme. 
 
 
 
*Senior Portfolio Manager di Union Bancaire Privée, UBP SA

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