Il presidente dell’Organismo di vigilanza e tenuta dell’albo unico dei consulenti finanziari, Mauro Maria Marino, lo ha detto chiaramente in occasione della Relazione Annuale 2022: “Faremo il possibile per cercare di invertire questo trend”. Il trend di cui parlava era quello relativo al calo degli iscritti totali all’albo che, alla fine del 2022, era pari a 51.575, in diminuzione rispetto ai 51.900 del 2021, ma anche rispetto ai 51.630 del 2020. Insomma quella lieve luce che era emersa nel 2021 è stata bruscamente spenta dal 2022.

 

Ma quel “faremo il possibile” dovrà sicuramente essere applicato anche ad altre due sfide: il tema donne e il tema generazionale. Se su quest’ultimo sia le parole del presidente (che ha avuto il coraggio di parlare di “apertura generazionale” e non di “ricambio generazionale”), sia i numeri mostrano un percorso che fa ben sperare per il futuro. Sul fronte donne siamo letteralmente fermi.

 

Andiamo con ordine. Lato giovani, se allarghiamo lo sguardo e confrontiamo i numeri dell’albo in un arco temporale più ampio notiamo dei segnali positivi. Prendiamo il periodo 2017-2022 (consideriamo il 2017 perché in quell’anno si è chiuso un trend di crescita positivo per l’albo che era partito nel 2012, ndr): dati alla mano nel 2017 gli iscritti totali erano 55.861, di questi 6.760 avevano meno di 40 anni, di questi 1.049 erano under 30. Oggi, come abbiamo visto, contiamo 51.575 iscritti all’albo, ma gli under 40 sono 6.843, mentre gli under 30 sono 1.813. Risultato: in 6 anni siamo passati da una quota di iscritti under 30 pari all’1,8% del totale ad un 3,6%. Certo i numeri sono ancora piccoli, ma almeno si registra un segnale che fa ben sperare anche perché è dal 2020 che il numero degli iscritti under 30 cresce in maniera significativa (1.037 nel 2020, 1.642 nel 2021 e 1.813 nel 2022).

 

Lato donne lo scenario è differente. Il confronto tra il 2017 e il 2022 è più duro. Sei anni fa si contavano 11.736 donne iscritte all’albo (contro 44.125 uomini). Oggi le donne sono 11.496 (contro 40.079 uomini). Certo in termini percentuali si registra un lieve aumento sul totale (21% nel 2017, 22,3% nel 2022), ma è evidente che è un aumento favorito più dalla forte riduzione del numero di uomini che non dall’aumento delle professioniste. Dati alla mano verrebbe da dire che nulla è cambiato (giusto però sottolineare che non è un caso che l’OCF abbia istituito la “Commissione dedicata al ricambio generazionale e alla diversità di genere”, ndr.)

 

L’ultimo dato che ritengo valga la pena evidenziare riguarda il numero di consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede che esercitano effettivamente la professione. Nel 2017 si parla di 36.313 professionisti, oggi sono 34.683. Siamo passati dal 35% del totale degli iscritti al 32,8%, un calo sia in termini assoluti, sia in termini relativi, che prosegue in maniera costante da 6 anni. Questo forse è il numero che più di altri deve far riflettere. 

 

A latere della relazione annuale, tra i corridoi della Camera dei Deputati, commentando questi dati e i messaggi del presidente Marino, un membro dell’OCF di fronte alla mia richiesta di un commento su questi trend “negativi” ha, correttamente, sottolineato che l’Organismo ha il compito di creare le condizioni per favorire l’ingresso di nuovi consulenti, e in particolare di agevolare l’arrivo di professioniste e giovani under 30, ma poi spetta alle mandanti lavorare per aiutare tali figure professionali nel difficile avviamento dell’attività. Solo così assisteremo ad una svolta. Questo è forse il messaggio più forte non scritto e non detto dal presidente in occasione della Relazione Annuale ma, in qualche modo, contenuto tra le righe del documento pubblicato dall’OCF.