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7/30/2016 | Giuseppe G. Santorsola
Mi interesso della professione del consulente finanziario dal 1977. Un tempo sufficiente per permettermi di suggerire qualche ipotesi sulla futura evoluzione attesa, prospettata o temuta. Prendo spunto da un recente studio di Mediobanca in materia per supportare qualche provocatoria considerazione. L’attività di promozione nel segmento degli strumenti e dei servizi finanziari procede da circa 50 anni, da quando la Fiduciaria Europa America (FidEurAm) iniziò a distribuire in Italia l’Investment Overseas Service (IOS), in assenza di alcuna regola. Individuo 6 momenti fondamentali di regolamentazione (1983 – che blocca i titoli atipici, 1985 – che regola la distribuzione tramite la Consob, 1991 – con la Legge 1.91, 1996 – con la Eurosim/ISD1, 1998 – con il TUF e 2007 – con la Mifid I-ISD2). In realtà potremmo citare altri momenti e mutamenti, ma è più opportuno evidenziarne il prossimo, quando (nel 2018?) entrerà in vigore Mifid II Ciascuno di questi cambiamenti ha impattato su politiche e dimensioni retributive delle strutture commerciali. Tuttavia ricordo che l’Associazione di settore si chiama ancora Assoreti, come nel 1985, mentre Assofondi è oggi Assogestioni e numerose ne sono sorte per segmentare la varietà degli operatori.
Pervenendo al contenuto del titolo, dobbiamo ammettere che il costo della canalizzazione è comunque rimasto costantemente elevato, pur con un’evidente discesa, ed una ristrutturazione che ha premiato nel tempo la gestione e il mantenimento, piuttosto che l’atto di mera vendita iniziale. Questa valutazione ci riconduce al tema della fedeltà al canale, un elemento che ha sempre condizionato il settore, ma che è da tempo modificato attraverso una più attenta selezione dei soggetti che transitano da una società all’altra rispetto alle tendenze del passato che interessavano interi gruppi e, solo inizialmente, anche quote preponderanti della loro clientela.
Il cammino non è ancora concluso, ma possiamo notare il consolidamento di strutture organizzative sempre più orizzontali, la diminuzione dei compensi legati alla scala gerarchica della rete e la sempre più difficile gestione della trasmissione alla rete stessa delle commissioni riconosciute alla società di gestione. Questo processo, invero lento, è sorto nel 2009 quando è stata resa palese l’esigenza di separare, anche in termini di governance, le società di gestione da quelle di intermediazione. L’avvicinarsi dell’entrata in vigore della Mifid ha completato il vincolo, spostando la remunerazione della seconda verso momenti e processi sempre più distinti da quelli che provvedono a compensare l’operato dei primi.
Questa evoluzione ha reso manifesto il costo complessivo per il risparmiatore della sua doppia delega (di valutazione delle scelte e di gestione del portafoglio), rendendo indispensabile la sua diminuzione. Ovviamente, ha inciso in modo determinante la diminuzione dei tassi d’interesse il cui ampio margine passato ha reso possibile la formazione di ricavi soddisfacenti per tutta la catena (compresi i risparmiatori). In questa condizione risiede la radice dell’attuale criticità nella remunerazione della fase distributiva, per la quale non è più sufficiente la mera funzione di vendita quando non comporti un’adeguata creazione di valore tramite il conseguimento degli obiettivi di soddisfazione dei bisogni, ben distinti dal raggiungimento del rendimento dell’investimento. In questo ragionamento risiedono la criticità dei prossimi anni e la mia ferma convinzione che la consulenza sia atto distinto dalla fase successiva dedicata al raggiungimento del rendimento. Senza questa chiarezza, l’attività dell’ex-”promotore” rischia di essere ridotta nella sua remunerazione e, soprattutto, nella fase del mero ingaggio in attesa dei risultati in capo al cliente.
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