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1/8/2025 | Redazione ADVISOR
Dal 2007 al 2023 soltanto il 22% del totale del TFR accumulato nelle aziende, pari a circa 97 miliardi, è stato conferito a una forma di previdenza integrativa: ben 242 miliardi si trovano nei bilanci o nel circolante delle imprese con meno di 50 dipendenti.
Secondo la società di consulenza finanziaria Moneyfarm, il motivo principale sarebbe la disinformazione: molti lavoratori dipendenti non sanno di poter conferire il TFR a un fondo negoziale di categoria, a un fondo aperto o a un Piano Individuale Pensionistico.
Un altro tema è quello della flessibilità: il TFR in azienda è visto come più liquido e flessibile. “È vero che lasciando il TFR in azienda è possibile riscattarne il 100% in caso di licenziamento o di cambio di impiego (mentre destinandolo alla previdenza complementare questo è possibile solo dopo quattro anni di disoccupazione, ndr), ma ad ogni cambio di occupazione si perde almeno il 23%" spiega Andrea Rocchetti (in foto), Head of Investment Advisory di Moneyfarm; “perché il TFR lasciato in azienda, al momento della liquidazione, viene tassato in funzione delle aliquote Irpef (dal 23% al 43%), mentre il TFR destinato alla previdenza complementare segue il lavoratore a ogni cambio di lavoro, senza essere tassato nell’immediato, con un’aliquota finale, al momento della pensione, che varia dal 9% al 15%, a seconda degli anni di permanenza nella previdenza integrativa”.
"Inoltre, mentre l’anticipazione del TFR lasciato in azienda può essere richiesta soltanto una volta nell’arco dell’intero rapporto di lavoro, con un massimale annuo, con la previdenza integrativa non ci sono limiti alle domande di anticipazione, che possono essere inoltrate per le spese sanitarie (fino al 75% del totale accantonato in ogni momento, ndr), per l’acquisto o la ristrutturazione della prima casa (fino al 75% del totale dopo otto anni di versamenti, ndr), o per qualsiasi altro motivo (fino al 30% del totale trascorsiotto anni, ndr)”.
“È doveroso ricordare che il TFR lasciato in azienda al momento del riscatto verrà rivalutato in misura prestabilita ad un tasso fisso dell’1,5%, a cui si somma il 75% del tasso di inflazione, mentre quando si investe in un fondo pensione il rendimento dipende sempre dall’andamento dei mercati finanziari” ricorda Rocchetti. "Ma guardando agli ultimi dieci anni e nove mesi, il TFR lasciato in azienda si è rivalutato in media del +2,3%, mentre quello investito in un Piano Individuale Pensionistico con una linea azionaria ha reso una media del +4,8%, una forbice di più del doppio. Al netto di costi e fiscalità, anche in uno scenario di elevata inflazione media, lasciare il TFR in azienda ha un costo per gli anni della pensione, con differenze che per i più giovani possono arrivare all’83% di ricchezza in meno”.
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