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6/15/2013 | Francesco D'Arco
L'ultima conferma dell'importanza strategica della Cina, per chi opera nel risparmio gestito, è arrivata dall'annuncio del via libera ottenuto recentemente da Eurizon Capital a investire direttamente on-shore in diverse asset class del mercato finanziario locale. Eurizon è solo l'ultima, in ordine cronologico, a decidere di sbarcare in Asia: prima di lei altre Sgr (e non solo) hanno seguito la via orientale (su tutte ricordiamo l'altra italiana del gestito presente in maniera importante in Cina: Azimut che ha ricevuto il 31 Maggio scorso la quota di investimento QFII e che, tramite AZ Investment Management a Shanghai, lancerà l'indice AZ CSI300 Active, gestito attivamente in Cina).
La Cina, e l'Asia in generale, non hanno però nessuna intenzione di svolgere il ruolo di semplici prede. Anzi. Sul fronte normativo Asia e America Latina sono pronte a creare una propria industria "Ucits": un vero e proprio passaporto volto a uniformare il più possibile le regole di gestione dei fondi comuni creati nei paesi delle due aree geografiche.
Un chiaro segnale che Asia e America Latina, guidati dalla Cina, si preparano a conquistare l'industria del risparmio locale. Per questo, a livello europeo, si sta valutando l'ipotesi di permettere a questi fondi "Made in China" di entrare nel mercato continentale, magari equiparandoli agli "Ucits europei".
A lanciare la proposta Tilman Lueder, responsabile della divisione asset management della Commissione Europea, che, in occasione dell'Index Universe Inside ETFs conference di Amsterdam del 4 e 5 giugno scorso, ha invitato l'Europa ad aprire l'industria del risparmio gestito ai fondi comuni costruiti in Asia e in America Latina.
"L'Europa" ha chiarito Lueder, "non deve compiere l'errore fatto dagli USA nel 1985, quando vietarono la vendita dei fondi Ucits europei". Anzi. Europa e Asia devono "lavorare insieme per replicare in quelle aree geografiche il modello Ucits", ha sottolineato il responsabile della divisione asset management della Commissione Europea.
Una provocazione? Un invito a evitare che la Cina si trasformi in un predatore pericoloso? Una strategia per rendere il mercato del gestito ancora più competitivo a livello internazionale sperando di ottenere una maggiore apertura al risparmio locale asiatico per i protagonisti europei? Difficile dirlo ora. Forse tutto insieme. Di certo è una mossa che oggi ha un obiettivo ben chiaro: evitare che i fondi Ucits vengano esclusi dagli accordi bilaterali che l'Europa sta siglando con Cina e Hong Kong. Come sottolineato dallo stesso Lueder, se Cina ed Europa trovano una strada comune sugli standard da imporre ai fondi comuni, i gestori europei avrebbero ancora accesso libero ai mercati asiatici, mentre i fondi costruiti in quelle aree, costruiti con standard Ucits, potrebbero avere accesso libero al mercato europeo. E questa, secondo quanto riportato recentemente dal Financial Times, sembra la strada che vuole seguire Michel Barnier, commissario dell'Unione Europea, che punta a trovare un accordo per la distribuzione degli Ucits in Cina entro la fine di giugno.
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