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5/9/2020
Prima abbiamo parlato di Fase 1. Dopo è stata la volta della Fase 2. E ora qualcuno parla di Fase 3. In mezzo ci sono 215.858 persone che hanno dovuto confrontarsi a livello sanitario con il Coronavirus. Di queste, secondo dati aggiornati al 7 maggio 2020, 29.958 sono decedute, 96.276 sono guarite, il resto sono ancora positive. Non commenterò questi numeri perché dietro a questi numeri ci sono nomi e cognomi di persone che hanno vista stravolta la propria esistenza, di famiglie che hanno dovuto (e ancora devono) affrontare lutti e/o difficoltà economiche che mettono duramente a repentaglio ogni tipo di progetto futuro, sia esso di breve, medio o lungo periodo. E il tutto è avvenuto in poco più di 2 mesi dal primo caso nel lodigiano.
Quando parliamo di questa crisi non possiamo non partire da questa considerazione, qualunque sia il punto di osservazione. Se dimentichiamo questo elemento rischiamo di impostare una qualunque tappa della ripresa della normalità (come qualcuno ama definirla) cadendo nell’errore di delegare al singolo la responsabilità del successo di questa ripresa. E questo è, a mio avviso, l’errore in cui è caduto il primo decreto che definisce la Fase 2: delega ai privati (e non intesi come singoli imprenditori, ma come “cittadini”) la riuscita o meno di questa prima parte della ripresa della normalità.
Per dirla in termini più vicini al mondo del risparmio gestito e della consulenza finanziaria, nel DPCM del 26 aprile 2020 c’è troppo fai-da-te. Ma a una crisi come quella attuale che tocca il benessere delle persone nei suoi due punti cardine (salute e patrimonio) non possiamo rispondere con il fai-da-te, in nessun ambito.
Gli attori dell’industria del risparmio gestito e della consulenza finanziaria ne sono consapevoli e per questo devono con impegno e razionalità evitare di cadere in questo errore, devono guardare al lungo periodo e offrire alle famiglie che hanno già optato per questi servizi quella qualità e attenzione che spesso ha animato le interviste e le campagne pubblicitarie. Ora il settore ha la grande occasione di mostrare ulteriormente con i fatti, anche a chi non è ancora servito dall’industria, il valore della consulenza finanziaria e della gestione del risparmio. Ma se i singoli cf e le singole aziende del settore hanno il compito di trasmettere questo messaggio ai clienti, e di non lasciarli soli e al fai-da-te nella gestione della crisi economica, tutti gli attori dell’industria insieme hanno il compito di fare sistema e mostrare il proprio valore al Paese, diventando un’industria protagonista della ripresa. Come? È quello che abbiamo chiesto sul numero di ADVISOR di maggio (che può essere consultato in versione digitale, gratuitamente, sulla piattaforma MyADVISOR, ndr) a 4 importanti economisti e professori universitari (Enrico Giovannini, Marcello Messori, Mario Comana e Giorgio Di Giorgio), 4 associazioni di categoria (Assogestioni, Assoreti, AIPB e Anasf), e a 5 società di consulenza (McKinsey, BCG, PWC, EY, Deloitte). Il risultato, come potrete leggere, è concreto, di lungo periodo e mostra chiaramente il ruolo del risparmio come attore protagonista per ridonare “benessere” (non solo economico) a tutto il Paese. E soprattuto è un risultato che non contempla, in nessun ambito, il concetto di “fai-da-te”.
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