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5/8/2019
Salta l'ipotesi della gradualità per raggiungere la quota di investimenti nelle pmi non quotate e accedere così all'agevolazione fiscale prevista dai PIR, i piani di risparmi a lungo termine. È quanto prevede il decreto attuativo dei PIR che è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 7 maggio e datato 30 aprile. Stando al testo definitivo, il 70% del valore complessivo dei PIR deve essere investito per un 5% in strumenti finanziari emessi da pmi ammissibili e scambiati su sistemi multilaterali di negoziazione e per almeno un 5% in venture capital. Le pmi ammissibili, quindi destinatarie degli investimenti, saranno quelle che, stando alle regole UE, arrivano ad avere 250 dipendenti, un fatturato massimo di 50 milioni oppure un totale di bilancio annuo che non superi i 43 milioni.
Queste società, inoltre, non devono aver ricevuto risorse finanziarie per una somma superiore a 15 milioni, non devono essere quotate sui mercati regolamentati e non devono essere operative sul mercato da più di 7 anni. Nel decreto si considerano ammissibili gli investimenti in "equity" e "quasi equity"; quest'ultimo è un tipo di finanziamento che si colloca tra equity e debito e ha un rischio più elevato del debito di primo rango (senior) e un rischio inferiore rispetto al capitale primario (common equity), il cui rendimento per colui che lo detiene si basa principalmente sui profitti o sulle perdite dell'impresa destinataria e non è garantito in caso di cattivo andamento dell'impresa.
Il decreto attuativo era atteso da inizio anno, dopo l'entrata in vigore della legge di bilancio ha che ha introdotto nuove condizioni per i fondi (che devono investire una quota sulle aziende Aim e una quota su fondi di venture capital). Gli operatori aspettavano da mesi che la situazione sui PIR fosse risolta al più presto. "La raccolta sui PIR è bloccata. Noi registriamo un lieve afflusso solo grazie alle sottoscrizioni dei clienti che avevano aperto i fondi fino a fine 2018 e che continuano a fare versamenti. Il mio auspicio è che la situazione si risolva in fretta in modo che il mercato dei fondi Pir si riapra alle persone che invece fino a oggi stanno perdendo occasioni" ha detto di recente Massimo Doris, numero uno di Banca Mediolanum. Secondo una simulazione fatta lo scorso marzo da MF-Milano Finanza, i nuovi paletti introdotti dal decreto attuativo garantirebbero investimenti in circa 70 società dell’Aim, pari a due terzi del segmento. Il Mise si riserva di monitorare gli effetti dei correttivi sulla raccolta e il numero delle negoziazioni e nel caso di valutare ulteriori opportunità di intervento in futuro.
Molto critica nei confronti del provvedimento è stata Banca d’Italia, in quanto le nuove regole sui PIR "aumentano il profilo di rischio" di questi strumenti di risparmio rivolti alle famiglie. "Le nuove regole inoltre - scrive via Nazionale nel Rapporto sulla stabilità finanziaria - possono rendere più difficile il rispetto dei requisiti prudenziali di diversificazione e di liquidità previsti per i fondi PIR esistenti, tutti costituiti nella forma di fondi aperti". Questi fondi, inoltre, potrebbero registrare "perdite derivanti da vendite di attività in mercati poco liquidi a fronte di episodi di forte volatilità dei corsi che inducano i sottoscrittori a liquidare l'investimento prima di conseguire il beneficio fiscale. Tali perdite potrebbero riflettersi negativamente sui risultati dei PIR e sulla reputazione degli intermediari che li promuovono. Proprio al fine di limitare questi rischi gli investimenti dei fondi aperti italiani in titoli di pmi italiane e in fondi di venture capital sono attualmente pressoché nulli".
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