Assogestioni, le proposte al regolatore per spingere i FIA
5/21/2014 | Massimo Morici
Il recepimento della direttiva AIFM può cambiare lo scenario dei finanziamenti alle imprese, ma bisogna rimuovere alcuni paletti che limitano le possibilità di sostegno all'economia reale
Il recepimento della direttiva AIFM può cambiare lo scenario dei finanziamenti alle imprese in Italia grazie all’ingresso dei FIA italiani al dettaglio, che non prevedono una soglia di ingresso e possono concedere una parte del patrimonio del fondo in strumenti non quotati. Per farlo, però, sarebbe necessario che nel contesto nazionale il regolatore rimovesse alcuni paletti che limitano di fatto le possibilità di intervento di questi strumenti a sostegno dell’economia reale.
È quanto sostiene Assogestioni che propone di riconoscere la possibilità ai FIA di erogare prestiti alle imprese come previsto, del resto, a livello europeo; di innalzare il limite del 10% per l'investimento del patrimonio di un FIA aperto in strumenti finanziari non quotati; di ampliare l'oggetto di investimento del patrimonio di un FIA aperto includendovi almeno i cosiddetti "bank loans" e, più in generale, i crediti e i titoli rappresentativi di crediti; di consentire, in generale, l'investimento del patrimonio di un FIA aperto in quote o azioni di altri FIA fino al 100% delle attività del fondo.
"Nel nostro Paese i fondi comuni d'investimento possono finanziare l'impresa solo attraverso l'acquisto o la sottoscrizione di minibond" spiega Roberta D'Apice, direttore settore legale di Assogestioni. "In tal caso, ove si tratti di fondi aperti non armonizzati – prosegue - l'investimento in strumenti finanziari non quotati deve essere contenuto entro il limite del 10% delle attività. Per poter superare tale limite il fondo comune d'investimento deve necessariamente essere costituito in forma chiusa e, per poter beneficiare delle agevolazioni fiscali introdotte dal Decreto Destinazione Italia, deve essere riservato ad investitori professionali".
Sul fronte invece dei FIA italiani riservati, e cioè di quei fondi che per loro natura possono derogare ai divieti e alle norme prudenziali di contenimento e frazionamento del rischio stabilite dalla Banca d'Italia per i FIA italiani al dettaglio, "una spinta per canalizzare risorse verso l'economia reale potrebbe invece realizzarsi ampliando la platea dei potenziali partecipanti a tali fondi e quindi, in attuazione dell'articolo 39 del TUF, consentendo l'accesso agli investitori la cui quota iniziale di partecipazione sia di importo non inferiore a 250.000 euro" conclude D’Apice. Le proposte sopra tratteggiate non comporterebbero un affievolimento della tutela riservata al sottoscrittore: la MiFID II prevede infatti un deciso rafforzamento dei presidi dettati a protezione degli investitori destinatari di tali fondo.
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