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2/13/2021
Prepariamoci a raccontare un nuovo mondo. Soprattutto quando parliamo di banche. Per anni abbiamo discusso sulla necessità di intervenire sui modelli di business del settore aprendo dibattiti che, alla fine, lasciavano aperte tutte le strade possibili. Adesso è arrivato lo tsunami Covid-19 e i dibattiti devono lasciare spazio alle azioni, ormai inevitabili.
La pandemia e le sofferenze che emergeranno man mano che la crisi industriale sarà più evidente porteranno ad un’ondata di fusioni e acquisizioni che cambieranno definitivamente il panorama bancario italiano ed europeo. Una spinta determinata da tanti fattori, non ultimo il bassissimo livello di redditività. Il famoso ROE (che testimonia l’efficienza con la quale una società genera profitto e lo rappresenta tramite un numero percentuale, ndr) alla fine del 2020, secondo un’analisi firmata KPMG Advisory, mostra un panorama bancario italiano caratterizzato da due “benchmark”, un “modello a sè” e diverse realtà in “cerca di nozze”.
I due benchmark, secondo le analisi contenute nel documento “Financial services, considerazioni 2021”, sono Intesa Sanpaolo e Credem. La prima, con l’operazione UBI Banca ha anticipato il trend delle M&A portando il suo ROE al 5,9%. La seconda è l’unica realtà “piccola” che continua a seguire un modello di business adatto ai tempi che stiamo vivendo, come dimostra il ROE intorno al 4,6%. In mezzo le banche che stanno gradualmente finendo nelle indiscrezioni del risiko bancario: su tutte Unicredit ed MPS, BPM e Bper. A latere Mediobanca che vive di vita propria, continua ad avere un suo modello di business corporate e da tempo guarda con attenzione al mondo del wealth management.
Dietro alle operazioni già annunciate, alle indiscrezioni sulle prossime M&A e ai dati del 2020 emerge chiaramente la via che da questo 2021 dovrà essere seguita con forza dal settore: mostrarsi in grado di fare più mestieri. I modelli che in questo momento risultano vincenti sono quelli che non hanno basato la loro crescita sul lending ma sul cosidetto modello “commission driven” investendo in maniera significativa sulle fabbriche prodotto (siano esse legate al risparmio gestito o al mondo assicurativo) e sull’investment banking. Il tutto supportato da una rete private (o di consulenti finanziari) ben equipaggiata. La direzione è segnata. Ora dobbiamo solo capire chi vorrà guidare questo processo di trasformazione del mondo bancario.
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