Una percentuale compresa fra il 2,5% e il 3,5% dei costi complessivi delle istituzioni finanziarie globali è originato dalla necessità di gestire le nuove direttive regolamentari, con un impatto che per le realtà di maggiori dimensioni è quantificabile in una cifra compresa fra 0,7 e 1,5 miliardi di dollari all’anno per i prossimi due - tre anni. E’ quanto emerge in un recente report della società di consulenza Oliver Wyman, secondo cui la gestione della complessità rappresenta una delle sfide più importanti per gli operatori del settore finanziario negli anni a venire. Stando allo studio, in media le banche maggiori hanno adesso cinque consiglieri di amministrazione assorbiti dalle questioni di rischio e compliance; prima della crisi erano meno di tre.

La complessità dei sistemi informativi, prosegue lo studio, è cresciuta soprattutto per l’intensità dell’attività di M&A: nel corso degli ultimi 15 anni il numero di operazioni di M&A nell’industria dei servizi finanziari è stato superiore rispetto a qualsiasi altro settore L’aumento della complessità, inoltre, ha aumentato il fabbisogno di posizioni manageriali “intermedie”: negli Stati Uniti dal 1993 il numero di banche è sceso del 45%, mentre il numero dei dipendenti nello stesso periodo è aumentato del 15%.

Ma quale è stato l’impatto dell’inasprimento regolamentare degli ultimi anni sui bilanci delle principali istituzioni finanziarie? Oliver Wyman fa notare come i rendimenti medi delle grandi società finanziarie siano scesi dall’oltre 20% dei primi anni 2000 al 7% del 2013, livello simile a quello delle aziende di servizi. I rendimenti delle otto banche americane e delle 16 banche europee identificate come GSIBs (global systemically important banks) sono diminuiti addirittura del 70% dal 2006. Anche se a livello assoluto i profitti sono cresciuti durante il ventennio (a partire cioè dal 1988), la produttività del settore non registra miglioramenti dal 2001.