I controlli fiscali, gli accessi e le visite alle imprese sono eccessivi sia per costi che come tempo perso, stress, e occasioni di corruzione- secondo Tremonti - Un'oppressione fiscale che dobbiamo interrompere».
I controlli fiscali, gli accessi e le visite alle imprese sono eccessivi sia per costi che come tempo perso, stress, e occasioni di corruzione. Un'oppressione fiscale che dobbiamo interrompere».. È l'auspicio espresso dal ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, in audizione davanti alla commissione Finanze della Camera. Il titolare di via XX Settembre apre dunque alle richieste degli imprenditori che da tempo sollecitano un alleggerimento del carico fiscale e burocratico che grava sulle aziende.
L'auspicio: occorre ridurre il controllo continuo sulle imprese
Davanti ai deputati di Montecitorio il ministro chiarisce poi meglio i contorni della sua promessa. «La proposta, ma deve essere equilibrata, - aggiunge Tremonti - non può essere del tipo della 626 (legge sulla sicurezza sul lavoro), ma potremmo immaginare una qualche tipo di concentrazione, salve esigenze di controllo erariale e ridurre il continuo controllo sulle imprese. Ne va via uno, e dopo un po' arriva il vigile urbano. Ci abbiamo già iniziato a lavorare. Fermo il discorso della sicurezza sul lavoro. Serve o un coordinamento dall'alto o un diritto dal basso: il diritto di dire "non mi rompere più di tanto"».
Il ministro è quindi tornato sul decreto anti-scalate varato dal governo per bloccare le mire dei francesi su aziende strategiche del sistema industriale italiano. «La migliore difesa è l'attacco, il problema economico di questo paese non è difendere ma sviluppare. Serve far crescere l'economia nella sua dimensione». Il problema, ragiona ancora il ministro, «non è altro se non di crescere, noi dobbiamo far crescere l'economia nella sua dimensione, questo non vuol dire che dobbiamo ingratitudine a milioni di imprenditori che fanno la loro economia, siamo comunque la seconda fattura del mondo». Sulla crescita dimensionale delle imprese, ha poi aggiunto che «gli incentivi alla fusione non hanno funzionato» e dal momento che «non abbiamo la bacchetta magica» l'idea giusta è quella delle reti, "un'idea che sta funzionando in modo incredibile».
Dl anti-scalate: la norma sul rinvio delle assemblee è generale
Quanto al decreto Tremonti ha poi sottolineato che «è importante sia convertito» e ha chiarito che la norma sul rinvio delle assemblee delle società quotate «è generale non particolare. È una misura che c'era già lo scorso anno e penso che debba essere messa a regime nel software del milleproroghe». Il ministro ha quindi precisato che la norma non serviva per prendere tempo sulle nomine delle società quotate partecipate dal Tesoro. «I giornali - spiega Tremonti - dicevano che la norma serviva per le nomine nelle società pubbliche, ma le nomine sono state fatte in tempo». Certo, ha aggiunto, avrebbe avuto una certa «utilità».
Sul Pnr avremo l'apprezzamento di Bruxelles
Il ministro si è detto poi convinto che il piano nazionale delle riforme italiano sarà apprezzato da Bruxelles. «Abbiamo ragione di ritenere che il piano sarà apprezzato dai partner europei» ribadendo quindi che il piano contiene ipotesi che saranno presto oggetto di un decreto legge che saranno relative a opere pubbliche, edilizia abitativa, turismo e ricerche scientifica».
La stoccata al Pd: la proposta sull'economia? 10 minuti a Eurostat
Poi una stoccata all'opposizione. «Non ho ricevuto grandi proposte, mi è stato detto che il Pd ha lavorato a un documento, in effetti conosco quel documento e per usare una parafrasi diplomatico-eufemistica credo che il lifetime all'Eurostat di quel documento non superi i 10 minuti». Si tratta di un documento, ha proseguito, «politico programmatico, in cui si fanno proclami. L'Europa, invece deve contenere i numeri. Noi - ha ribadito - aspettiamo le proposte che devono essere scritte con la metrica europea. Devono essere coerenti nei tempi e nei numeri». Le parole del ministro sono state contestate da alcuni esponenti del Pd in particolare il passaggio sul "lifetime" all'Eurostat. E il titolare di via Venti settembre ha rincarato la dose: «Al di là dell'idea dello Yomo e delle scadenze, dobbiamo tutti produrre documentazione diversa cercando di essere tutti più innovativi». Tuttavia ha ribadito: «Prenderò il vostro documento, lo porterò in Europa e vi farò avere la risposta».
Quotare in Borsa una società da 80 milioni? Costa l'8%, è una follia
Infine Tremonti ha risposto a una domanda sul crollo delle società quotate in Borsa. «Per quotare in Italia una società da 80 milioni i costi sono l'8 per cento. Una follia. Quando si dice il peso delle barriere nell'economia mica le fa solo lo Stato. L'8% è pazzesco». Tremonti ha poi rilevato che dal 1994 il numero delle società quotate è salito grazie al premio di quotazione. «Poi è venuto meno quel meccanismo e per altre infinite ragioni», come i costi «operativi, di spese di revisione, di stamperia, di pubblicità, legali», calcolati dal Fondo pmi nell'8%, il processo si è invertito. «Poi ci sono anche fattori di scelta: il nostro è un capitalismo molto familiare. Se lei va in un'assemblea societaria e chiede "chi di voi è posseduto da una holding italiana" la risposta è quasi nessuno. Se chiede "chi di voi è posseduto da una holding lussemburghese", tutti. Da lì avvengono gli investimenti, avvengono nell'Est, nel Far East... La struttura dell'economia italiana é molto particolare e a volte andare in Borsa non conviene».
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