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1/2/2024
“Il 2023 è stato caratterizzato da una performance dei mercati azionari migliore del previsto e una performance dei mercati obbligazionari meno positiva rispetto alle attese. Dopo la negatività del 2022 e l’incertezza del 2023 dovremmo affrontare l’anno prossimo una fase più ottimistica”. È la view di Filippo Di Naro, direttore investimenti di Anima.
“In questo contesto, le obbligazioni governative, che presentano un profilo rischio-rendimento estremamente appetibile, rimangono la scommessa migliore da avere nei portafogli” aggiunge Fabio Fois, head of Investment research & advisory della casa di gestione. “Arrivati alla fine del ciclo di rialzi, contano solo due variabili: il livello raggiunto dai tassi e la probabilità di una loro discesa. Entrambe queste considerazioni suggeriscono un sovrappeso sull’asset class”.
Se si considerano le obbligazioni investment grade e quelle governative, entrambe hanno subito forti ribassi nel 2022” osserva Kaspar Hense, senior portfolio manager di RBC BlueBay AM. “Nonostante il 2023 sia stato definito "l'anno del mercato obbligazionario", le obbligazioni ad alto rating hanno a malapena ottenuto rendimenti positivi. Con un'inflazione di fondo in crescita su entrambe le sponde dell'Atlantico, la Fed e la BCE hanno continuato ad aumentare i tassi e gli investitori hanno accumulato liquidità o acquistato obbligazioni a breve scadenza”.
Il paradigma è totalmente cambiato rispetto al recente passato. “Tre anni fa, a livello globale, i rendimenti erano prossimi allo zero e abbiamo avuto un triennio di rendimenti negativi consecutivi nei Treasury statunitensi, una situazione mai vista prima. Ora pensiamo che le obbligazioni siano per gli audaci. A livello globale, i tassi di default sono in aumento. Il costo dei tassi d'interesse per i governi e le imprese è elevato e, soprattutto, l'offerta dei governi sarà ampia. Assisteremo a effetti di crowding out e ad attività finanziarie con le banche centrali che continueranno a comprimere la liquidità”.
Raffaele Prencipe, fixed income fund manager, DPAM, si focalizza sui titoli governativi USA. “La struttura del mercato dei Treasury statunitensi è cambiata. Negli ultimi anni, i principali acquirenti sono stati la Federal Reserve con il suo programma di quantitative easing, le banche centrali estere, per accumulare riserve valutarie, e le banche nazionali grazie all'aumento dei depositi privati. La sensibilità al prezzo di questi acquirenti è stata bassa. Il premio a termine, ossia la differenza tra l'attuale rendimento a lungo termine e la capitalizzazione prevista dei tassi di interesse a breve termine, è diventato negativo. Negli ultimi due anni, questi grandi detentori di riserve, si sono invece trasformati in venditori. Le disponibilità della Fed sono scese dai 5,7 trilioni di dollari della metà del 2022 agli attuali 4,7 trilioni. La Cina deteneva oltre 1.000 miliardi di dollari all'inizio del 2022, rispetto ai 770 miliardi di dollari del settembre 2023”.
“I nuovi acquirenti poi – aggiunge Prencipe – sono molto più sensibili ai prezzi. Questo cambiamento ha luogo in un momento storico in cui il rapporto tra debito pubblico e PIL è in aumento. Ciò significa che la domanda e l'offerta si bilanciano con rendimenti più elevati. All'asta di novembre di un nuovo titolo trentennale, il Tesoro ha dovuto accettare uno sconto maggiore del normale rispetto ai livelli del mercato secondario per assegnare l'intero ammontare di 24 miliardi di dollari. Il premio a termine è tornato positivo. Nel prossimo anno, l'offerta netta più i rimborsi della Fed ammonteranno a ben 1.600 miliardi di dollari. Nell'Eurozona è stimata a 600 miliardi di euro”.
Tuttavia, “bisogna tenere presente che ci sono molti risparmi nazionali parcheggiati nel mercato monetario, nei depositi bancari e anche nelle azioni” precisa Hense. “I mercati monetari sono cresciuti fino a 5.500 miliardi di dollari. I depositi dei fondi sono attualmente pari a 17.000 miliardi di dollari e le azioni nazionali o le azioni che sono detenute principalmente all'interno del Paese, pari a 45.000 miliardi di dollari, costituiscono un cuscinetto per l'assorbimento dell'offerta. Ci aspettiamo un certo affollamento a questi livelli di rendimento più elevati”.
“L'offerta di liquidità e la velocità sono in calo” prosegue Prencipe. “Man mano che l'inflazione si avvicina all'obiettivo e la crescita dei salari continua ad allentarsi, la Fed ridurrà i tassi di policy per diventare meno restrittiva. Il mercato prevede tagli nella prima metà dell'anno prossimo. Tuttavia, è possibile che l'economia rimanga solida per qualche altro trimestre, ritardando questa prospettiva”.
“Ciononostante, l'anno prossimo i tassi di interesse a breve termine scenderanno anche se c'è il rischio che quelli a lungo termine non li seguano, se i premi a termine si normalizzassero. Le sorprese potrebbero arrivare da un rimbalzo dell'inflazione o da un'impennata della disoccupazione che, spesso, provoca un aumento dei tassi. Tutto sommato conclude Prencipe - riteniamo che le obbligazioni siano un investimento interessante in questo contesto e la parte intermedia della curva presenta un limitato downside”.
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