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10/12/2022 | Marcella Persola
L’inflazione che da alcuni era considerata transitoria, è invece un fattore che ci accompagnerà per lungo tempo e al quale dobbiamo abituarci.
Lo evidenzia Frederic Leroux, head of cross assets e membro del Comitato di investimento strategico di Carmignac che nel suo ultimo paper sottolinea “non tutti gli operatori finanziari intendano considerare l’impennata dei prezzi post-Covid come preludio a un vero e proprio ciclo inflazionistico. Le loro aspettative di inflazione negli Stati Uniti prevedono infatti un calo al 2,75% a metà del 2023 e una successiva stabilizzazione a circa il 3% negli anni successivi, alla stregua quindi di un rialzo dei prezzi fine a sé stesso come si è registrato due o tre volte negli ultimi quattro decenni”.
Ma per l’esperto ci sono degli elementi che sono sottovalutati “Questa prospettiva non tiene in considerazione i fattori inflazionistici strutturali: aspetti demografici (meno risparmiatori a livello globale, una fetta minora di popolazione cinese da inserire nel mondo del lavoro), commercio (calo del peso del commercio globale nel PIL e sua disinflazione competitiva, possibile fine della flessione dei prezzi nel commercio online), aspetti sociologici (preferenza per l’etica a scapito dell’efficienza immediata), oltre che la transizione energetica”.
A questo punto è lecito chiedersi i rialzi dei tassi di riferimento da parte delle Banche Centrali consentiranno realmente di abbattere l’inflazione? Per il momebro del Comitato di investimento strategico di Carmignac né l’esempio degli Stati Uniti nel 1980 può essere replicato, nè la fine del conflitto in Ucraina potrebbe avere un impatto rilevante sui prezzi dell’energia nei tempi brevi, e neppure gli aumenti salariali negli USA porranno un freno all’inflazione.
“Il continuo stupore dei mercati per la resilienza dell’inflazione, inizialmente ritenuta “ transitoria “, e la considerazione insufficiente dei fattori alla base dell’aumento dei prezzi sul lungo periodo, rappresentano le componenti di un trend duraturo. Inoltre, considerato l’attuale livello di tolleranza delle Banche Centrali alle criticità, si può essere quasi certi che queste si affretteranno a tagliare i tassi di interesse non appena l’inflazione core inizierà a diminuire, con il rischio che sia un intervento troppo prematuro. Gli interventi delle Banche Centrali in risposta al ritorno dell’inflazione sono il principale fattore che influisce sul ciclo economico attuale. La sua natura duratura è un’ipotesi grave, che ci induce a strutturare i nostri portafogli diversificati in linea con il ciclo economico. Questo contesto sconosciuto a molti operatori di mercati è destinato a favorire le gestioni attive, comprese quelle obbligazionarie, contrariamente a quanto si pensi” conclude Leroux.
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