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10/11/2022 | Redazione Advisor
Mentre le banche centrali proseguono con la stretta monetaria, gli investitori faticano ad adattarsi al cambio di paradigma, così evidenzia Enguerrand Artaz, gestore di La Financière de l’Echiquier "Sebbene i mercati avessero raggiunto dei livelli di pessimismo estremo, che favoriscono i rimbalzi tecnici, questa raffica di notizie (intervento d’urgenza della Banca d'Inghilterra per frenare l'impennata dei tassi d'interesse; l’aumento dei tassi inferiore al previsto da parte della Reserve Bank of Australia e i dati macroeconomici USA sotto le aspettative) ha soprattutto riacceso la speranza cui gli investitori cercano di aggrapparsi: un dietrofront delle banche centrali, in altre parole, che la fine delle politiche di stretta monetaria sia vicina".
Questa speranza, ancora una volta, si rivela esagerata ed è stata velocemente raggelata. "Da un lato, i dati macroeconomici, e in particolare il rapporto sull'occupazione statunitense di settembre, sono molto solidi. Ma vanno sottolineati anche, e soprattutto, i discorsi dei banchieri centrali, in particolare americani, che ancora una volta hanno veicolato messaggi molto aggressivi. Loretta Mester e Mary Daly, rispettivamente governatore della Fed di Cleveland e della Fed di San Francisco, hanno indicato di non prevedere alcun taglio dei tassi di riferimento nel 2023. Anche se non hanno detto nulla di particolarmente nuovo, è bastato a fermare il rally del mercato perché gli investitori faticano ad ammettere che le banche centrali non offrono più il sostegno fermo degli ultimi anni" continua il gestore.
"Finché le banche centrali terranno il piede sull'acceleratore della stretta monetaria, le prospettive per i mercati degli asset rischiosi non potranno certo essere ottimistiche, dato – soprattutto – che cresce il rischio di una forte recessione generata dalla politica monetaria. Si evidenzia così un cambiamento di paradigma che gli investitori fanno ancora fatica ad accettare. Va detto che per oltre 10 anni - a parte una pausa tra il 2017 e il 2018 - l'abbondante liquidità e i tassi di interesse molto bassi hanno fatto crescere i prezzi degli asset. In altre parole, i mercati azionari sono cresciuti alimentati, in particolare, dall'espansione dei multipli di valutazione, ben oltre il solo incremento degli utili. Tra il 2010 e il 2021, ad esempio, è raddoppiato il rapporto prezzo/utili del principale indice di mercato statunitense, l’S&P 500. Un fenomeno questo, che in un futuro contesto di tassi d'interesse nominali significativamente più alti, tassi reali positivi e riduzione progressiva della massa monetaria, sarà difficilmente ripetibile"
Ma non creamo allarmismo. "Vedere i mercati muoversi in linea con le condizioni economiche e le dinamiche aziendali, e meno sotto la spinta dei sussidi monetari, costituisce un ambito di investimento molto più sano - chiarisce il gestore di LFDE-. Limiterà inoltre gli eccessi di valutazione che favoriscono movimenti esagerati al rialzo e al ribasso, nonché frustranti delusioni. Infine, ripristinerà l'attrattiva degli asset obbligazionari e, di rimbalzo, la diversificazione delle asset class all'interno dei portafogli moderatamente rischiosi, che da tempo soffrono della mancanza di driver di rendimento alternativi alle azioni".
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