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4/16/2018 | Greta Bisello
Peggior trimestre degli ultimi due anni, i mercati sviluppati soffrono e chiudono in rosso il primo esame del 2018; soltanto gli emergenti continuano a fare bene alla fine del 2016, hanno generato un ritorno pari a circa il 40% in termini di dollari, quasi il doppio rispetto ai mercati sviluppati nello stesso arco temporale.
Secondo Duncan Lamont, head of research and analytics, Schroders, gli investitori possono trarre un po’ di conforto dal fatto che le valutazioni sembrano adesso meno tirate in confronto a tre mesi fa. Questo suggerisce un contesto più favorevole per gli investitori concentrati sul lungo periodo. Tuttavia, non possiamo ancora dire di essere fuori pericolo. La maggior parte dei mercati, soprattutto quelli dominanti statunitensi (che rappresentano oltre il 50% dei principali benchmark azionari globali), risulta infatti ancora sopravvalutata per lo meno in alcuni aspetti.
Gli Stati Uniti sembrano ancora molto costosi sotto quasi tutti i punti di vista. Ma una combinazione di slancio economico positivo e di stimolo fiscale potrebbe continuare a supportare i ritorni nel breve periodo. Invece in Europa le valutazioni sembrano fair, non risultando né particolarmente economiche né costose, a parte l’attuale CAPE, in linea alla sua media ventennale, dunque non particolarmente preoccupante. Se analizzato nel contesto di robusta crescita economica, il mercato europeo preserva ancora una certa attrattività.
Il Regno Unito manda invece segnali contrastanti. I prezzi dei titoli sembrano leggermente sopravvalutati in rapporto agli utili, mentre sono economici rispetto al valore di listino o ai dividendi. L’elevato rendimento da dividendi britannico ha storicamente costituito una parte importante della sua attrattività per alcuni investitori. Un income superiore al 4% ha certamente il proprio fascino in un mondo di rendimenti bassi. Gli analisti prevedono inoltre che nei prossimi due o tre anni il Regno Unito avrà le prospettive di dividendi peggiori tra quelle comprese nella nostra analisi. Potrebbe esserci valore, ma non è il momento adatto per acquistare in modo indiscriminato.
I mercati emergenti continuano a sembrare ragionevolmente valutati rispetto a quelli sviluppati, sebbene la loro forte performance abbia spinto i prezzi al rialzo indebolendo gli argomenti a loro favore.
Dal punto di vista delle valutazioni, il Giappone risulta la scelta d’acquisto più ovvia, ma la natura del suo mercato, sbilanciata in favore delle esportazioni, significa che è anche maggiormente esposto ai crescenti rischi di protezionismo commerciale, con un conseguente outlook relativamente più debole sul fronte degli utili.
Conclude l'esperto che le pulzie di primavera sui mercati prevderebbero una riallocazione dagli Stati Uniti in direzione dei mercati emergenti, del Giappone e dell’Europa. Se la generazione di un flusso di reddito rappresenta una priorità, allora anche acquisti selettivi nel Regno Unito possono avere senso. Tuttavia, nessuna di queste mosse è priva di rischi. I mercati più economici lo sono per un motivo. In queste circostanze, mantenere un’esposizione diversificata piuttosto che puntare tutto su quella affascinante carta da parati che avete adocchiato dovrebbe permettere di dormire sogni più tranquilli.
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