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7/14/2017 | Marcella Persola
Di recente, l’MSCI ha annunciato che il segmento azionario A-Shares della Cina sarà inserito all’interno dei suoi indici. Questo rappresenta un momento importante e soprattutto un altro passo nella giusta direzione per la riforma del mercato dei capitali in Cina.
Ma quali sono gli effetti? Per Charles Sunnucks, team emerging markets di Jupiter Asset Management un primo aspetto da considerare è che migliora l'investibilità. "Fin dagli anni 90 gli investitori potevano investire nelle aziende cinesi tramite le Borse dei Paesi limitrofi (Hong Kong nello specifico), il mercato domestico A-shares è stato a lungo trascurato a causa di problemi relativi all’investibilità. L’accesso al mercato A-shares da parte di investitori esteri è un processo che è durato 15 anni e iniziato nel 2002, quando la Cina ha autorizzato un numero ristretto di investitori istituzionali a investire direttamente nelle A-shares attraverso il programma Qualified Foreign Institutional Investor (QFII). Da allora l’accessibilità si è evoluta e la maggior parte dei flussi verso le A-shares avviene tramite lo “stock connect”, un circuito bilaterale che collega la borsa di Hong Kong con quelle di Shangai e Shenzhen" spiega l'esperto.
Secondariamente rappresenta un'ascesa per la moneta cinese, il renminbi "Per i politici, una più ampia partecipazione straniera agli investimenti denominati in Renminbi (Rmb), - in questo caso dovuta all’inclusione nell’indice MSCI - è parte della più grande ambizione di rendere il renminbi una vera e propria valuta globale" continua Sunnucks.
Altro effetto da considerare è lo spazio di crescita futuro. Per il gestore di Jupiter AM "In futuro, ci sarà ancora più margine per un’inclusione maggiore, anche se ulteriori cambiamenti dovranno andare di pari passo con altre riforme del mercato da parte delle autorità cinesi. Infine, visto che la capitalizzazione di mercato del listino cinese è seconda solamente a quello statunitense per dimensioni, e superiore rispetto a quello UK e tedesco messi insieme, quello che potrebbe succedere è che vi saranno sempre più fondi azionari specializzati sulla Cina – proprio come è oggi per il Giappone".
Infatti entro agosto 2018 le A-shares costituiranno circa lo 0,73% dell’indice MSCI dei mercati emergenti, ma questa è comunque una percentuale molto limitata se si considera che questo mercato costituisce circa il 21% del giro d’affari mondiale e circa il 10% della capitalizzazione del mercato globale.
Quindi tutti a comprare azioni cinesi? Sunnucks mette in guardia. "Storicamente, gli annunci di inclusione negli indici hanno generato un rally nei prezzi delle azioni in quanto i gestori attivi acquistano le azioni in anticipo e le gestioni passive seguono questi flussi" però "Guardando alle azioni, tuttavia, è probabile che ci sia un elevato numero di movimenti importanti, visto che c’è una grande differenza tra gli investimenti che sono interessanti per gli investitori stranieri e quelli interessanti per gli investitori locali. Gli investitori cinesi sono attratti dalle azioni di brand retail e tipicamente cercano aziende più piccole che presentano una volatilità tale da poter fare velocemente grandi profitti. Al contrario, gli investitori internazionali tendono a preferire aziende large cap. Il risultato di questa diverse preferenze è che mentre le aziende del mercato A-shares più piccole sono spesso eccessivamente care, c’è invece un numero interessante di opportunità sulle large cap, ben posizionate per avvantaggiarsi dei maggiori flussi d’investimento dall’estero" continua l'esperto che suggerisce di continuare ad essere selettivi.
"Dal nostro punto di vista, proseguire con una riforma del mercato dei capitali cinese porterà rischi ed opportunità per le aziende, creando una divergenza crescente tra quelle aziende che saranno penalizzate da questo cambiamento e quelle che saranno in grado di beneficiarne".
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