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11/29/2024 | Daniele Barzaghi
“Per il mondo sviluppato, per l'ennesima volta, non ci aspettiamo recessione nel 2025: il soft landing americano secondo noi continuerà, probabilmente un po' più lentamente di quello che si aspetta il mercato, tanto che prevediamo una crescita 2025 degli Stati Uniti intorno al 2-3% rispetto all’1,9 del mercato; lato Eurozona, ugualmente non ci aspettiamo una recessione ma siamo un pochino più cauti. Il perno centrale dei nostri convincimenti comunque è che negli Usa i consumi continueranno a sostenere la crescita” esordisce Fabio Fois (a destra in foto), responsabile Investment Research & Advisory di Anima, primo gestore italiano (ancora) indipendente.
“La storia e le regole dell’economia ci hanno insegnato che quando inflazione e tasse sono alte tipicamente le economie rallentano, ma questo non sta succedendo oltreoceano: gli statunitensi hanno ancora molto risparmio che consente loro di continuare a consumare, nonostante outlook fiscali e inflattivi, diciamo, sfidanti. Questi dati, ufficializzati 6-7 settimane fa, non sono stati a mio avviso incorporati adeguatamente dalle previsioni degli analisti che vediamo diffuse in questi giorni” sfida il consensus il responsabile Investment Research & Advisory di Anima. "Gli excess saving dei consumatori americani sono oggi qualcosa come 450-500 miliardi in più rispetto a quelli che pensavamo solamente a maggio di quest'anno e in più abbiamo scoperto che il tasso a cui questi risparmi vengono spesi è molto meno aggressivo che in passato. Pertanto, tali risparmi sembrano adeguati per sostenere gli andamenti almeno fino alla fine del 2026”.
“Quindi, se oggi ci muoviamo in un mondo che ha inflazione e tassi in discesa ma risparmi eccessivi ancora molto alti, va da sé che per noi è ragionevole immaginare che nel 2025 l'economia americana non entrerà in recessione. E, poiché gli Stati Uniti tipicamente tipicamente esportano recessione e non la importano, quando loro stanno bene è molto più probabile che poi i partner commerciali, quantomeno il mondo sviluppato, tengano botta” aggiunge Fabio Fois (qui di seguito in primo piano).
“Rispetto all’area Euro siamo un po’ più cauti del consenso: se pure osserviamo le piccole e medie imprese il settore manufatturiero continuare a soffrire tiene ancora il settore dei servizi, anche se il trend sembra segnalare un trend di affievolimento. I risparmi nell’area ci sono ma vengono impiegati male: se guardate il tasso di risparmio dell'area dell'euro scoprirete che è un tasso di risparmio in rialzo e le forze che lo portano a crescere - cosa tra l'altro veramente atipica nella fase post-Covid - sono i depositi vincolati: cioè i consumatori dell'area dell'euro stanno prendendo i loro risparmi e li mettono in depositi vincolati, prendendo delle buone remunerazioni: questo però sottrae forza di spesa all'area dell'euro in aggregato. Cristine Lagarde, pochi giorni fa, ha sottolineato che il problema dell'area dell'euro è che si risparmia troppo: lei stessa ha fatto notare che questi soldi stanno andando in risparmi vincolati” ha proseguito Fois. “Italia e Spagna insieme hanno generato più del 50% della crescita dell'area dell'euro e se guardiamo al 2025 mi verrebbe da dire che, se la Germania va a elezioni anticipate per il rallentamento economico e la Francia è indirizzata verso un aggiustamento fiscale veramente molto importante, il driver di spinta dell'area dell'euro nel 2025 rimarranno le periferie; e sicuramente anche l'Italia continuerà a fare la sua parte”.
“Se il mondo è quello descritto da Fabio è un mondo positivo per gli investimenti” interviene Filippo Di Naro (in primo piano nella foto qui riportata), responsabile Direzione Investimenti di Anima “perché dovrebbero svilupparsi dinamiche diverse da quella che è stata la recente narrativa, soprattutto sui tassi, e che teme un Trump spendaccione e un conseguente rischio inflattivo. La principale incertezza dell’anno, ovvero le elezioni presidenziali americane, piaccia o meno il risultato, oggi è venuta a mancare. Nel 2025, se il trend resterà disinflazionistico, dal punto di vista dei mercati obbligazionari sarà positivo, andando a compensare le delusioni degli ultimi due anni. Le migliori opportunità saranno sull’Europa data la scarsa possibilità di sorprese positive dalla crescita, ma anche sul Treasury americano potremmo avere ritorni interessanti. Sul BTP, naturalmente molto importante per noi, vediamo prezzi ancora molto ridotti, più per demeriti degli altri Paesi, in primis la Germania, che per meriti nostri. In particolare nella seconda metà dell’anno gli investitori esteri sono ritornati, anche se il livello è ancora basso”.
“Sull’equity la situazione è più complicata, soprattutto negli Stati Uniti. Abbiamo da una parte un’aspettativa sulla crescita degli utili positiva, ma i multipli sono superiori alle medie storiche. Il resto del mondo è a questo legato: la Cina è un mercato in cui i motori per un’espansione di lungo termine sono ancora spenti, anche perché gli investitori sono più scettici che in passato, l’Europa ha avuto pressioni dal tema della tariffe, e i Paesi emergenti sono esposti al differenziale delle politiche monetarie negli Usa: oggi il dollaro è forte, e potrebbe rafforzarsi ulteriormente”.
“Sulla view settoriale facciamo un po’ fatica a dire dove puntare visti i frequenti cambi di rotta dei listini negli ultimi mesi, ma certamente siamo più favorevoli ai settori ciclici rispetto ai difensivi e preferiamo i settori growth”.
In questa visione generale sono sopratutto le previsioni non catastrofistiche (a differenza dei competitor, ndr) sull'Europa a colpire e a generare richieste di approfondimento: “L'Eurozona si poggia su un mercato del lavoro molto solido, con un tasso di disoccupazione molto basso. E il mercato occupazionale continentale è davvero un cuscinetto di crescita affidabile: non è come negli Stati Uniti dove i licenziamenti sono molto più facili. L'Europa è un produttore di income aggregato importante” risponde Fabio Fois a domanda diretta di ADVISOR.
“Poi hai i tassi di interesse che stanno scendendo, quindi i risparmi che sono stati messi nei prodotti fixed income, diciamo governativi, producono capital gain più che negli Stati Uniti, hai un'inflazione che sta scendendo…. Secondo me essere troppo distruttivi sulle aziende… io faccio fatica a essere così negativo: le famiglie hanno dei bilanci piuttosto solidi e le aziende anche”.
“Stiamo parlando di una crescita europea che vivacchia sotto il potenziale, però immaginare una recessione pesante è difficile per un analista, quando tu non metti nel mirino eventi di credito, dove per eventi di credito intendo disavanzi o di settori pubblici o di settori privati. Le banche europee stanno piuttosto bene nel senso che i bilanci sono molto più solidi di 15 anni fa. Non basta avere una Germania che soffre per poter dire che la narrativa europea è necessariamente negativa".
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