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Private banking, il servizio riservato con il nuovo volto

6/27/2011

Tre elementi distinguono sicuramente il cliente private dal cliente retail: una dimensione del patrimonio tale da permettere e richiedere una corretta differenziazione, un orizzonte temporale potenzialmente più lungo e un’esigenza di pianificazione finanziaria che porta a scelte legate al decumulo o al passaggio intergenerazionale.


Tre elementi distinguono sicuramente il cliente private dal cliente retail: una dimensione del patrimonio tale da permettere e richiedere una corretta differenziazione, un orizzonte temporale potenzialmente più lungo e un’esigenza di pianificazione finanziaria che porta a scelte legate al decumulo o al passaggio intergenerazionale. Questo spiega perché l’evoluzione del private banking abbia portato il sistema ad attribuire maggiore rilievo alla capacità di gestione delle diverse tipologie di rischio presenti nei portafogli dei clienti, piuttosto che alla ricerca assoluta di performance. 
In quest’ottica, le novità regolamentari portate dalla MiFID e le conseguenze strutturali della crisi finanziaria, hanno imposto, ma anche offerto l’occasione, al sistema private di ripensare i modelli di business e la propria gamma di offerta. I principali player di mercato stanno progettando nuovi modelli di servizio, riconsiderando i processi organizzativi, preparando nuovi contratti con i clienti, certificando i processi di selezione dei prodotti nei portafogli e riprogettando i sistemi informatici. Non si vuole correre il rischio che la consulenza private arrivi all’investitore svuotata di significati sostanziali.
AIPB, dal suo osservatorio privilegiato, ha colto l’occasione per monitorare l’avanzamento lavori che, negli ultimi 12 mesi, hanno portato 26 operatori del mercato Italiano a definire 39 modelli di servizio differenti.
Oggi il risultato di questa analisi mostra che 22 modelli sono già avviati, mentre 17 sono ancora in fase di ultimazione, ma proprio questi ultimi rappresentano i modelli più evoluti, con contenuti maggiori e che richiedono pertanto un’ingegnerizzazione dei processi più articolata. Dei soli 22 modelli già avviati, soltanto 15 risultano oggi a pagamento. Se il rapporto fiduciario  cliente/banker e la possibilità di personalizzare il portafoglio rappresentano le caratteristiche fondamentali del servizio, la competizione tra gli operatori si è spostata su di un piano strutturale e organizzativo. Al ridimensionamento generale dei costi vissuto da tutti i settori e imposto anche al private banking dalla crisi finanziaria, dall’andamento dei mercati e dalla diminuzione della propensione al rischio dei clienti, gli operatori hanno reagito da una parte strutturando e standardizzando i processi allo scopo di poter controllare meglio il rischio e migliorare il grado di tutela dell’investitore, dall’altra migliorando la personalizzazione del flusso di informazioni per la clientela. In sintesi, l’implementazione della consulenza sembra essere un processo strutturato volto ad una maggiore condivisione con il cliente. Grazie all’indagine annuale svolta da AIPB sulla clientela target, non mancherà l’occasione di tenere monitorato l’andamento del livello di percezione di questa maggiore condivisione da parte della clientela stessa.
Oggi, infatti, l’investitore private, se intervistato, non sembra avere le idee chiare su quale sia il confine tra consiglio, raccomandazione, consulenza, pianificazione. Dalle indagini AIPB, risulta che nel 66% dei casi coincide con la presentazione periodica da parte del suo referente per gli investimenti della performance dei prodotti o del portafoglio complessivo. Sono pochi gli elementi relativi al monitoraggio del rischio nel tempo, perché se da una parte il 78% della clientela private considera importante che gli venga illustrata la rischiosità del suo portafoglio secondo parametri oggettivi, solo il 60% dichiara di riceverlo. Gli allarmi ripetuti sui principali quotidiani finanziari in merito alla pericolosità presunta di alcune categorie di prodotti finanziari, riportano l’attenzione anche sui processi di selezione e sulle tecniche di composizione dei portafogli. È chiaro come i clienti ragionino in termini di bisogni da soddisfare mentre gli operatori trovino ancora difficoltà oggettive nel tradurli in asset class comprensibili. Se a questo si aggiunge un livello di diffidenza ancora alto da parte del cliente per tutto ciò che ha una durata superiore ai 12 mesi, differenziare e fare pianificazione finanziaria in maniera professionale e qualificata diventa difficile. La domanda che si sta ponendo AIPB nei suoi tavoli attuali di studio, è se le case prodotto non possano fornire un maggior supporto da questo punto di vista ai distributori. Se da una parte la consulenza finanziaria a pagamento rappresenta per investitori e distributori una sfida culturale necessaria per una sostanziale rivisitazione dei modelli di servizio, l’impegno nel conciliare l’esigenza di semplicità e trasparenza con i crescenti livelli di innovazione e un’offerta sempre più articolata e completa riguarda anche le case prodotto. Abbandonare la tradizionale concezione industriale del “make and sell” per accogliere il nuovo mantra del “sense and respond” aiuterebbe a creare e distribuire quello che serve all’investitore e quello che l’investitore vuole. In questo modo il prodotto potrebbe diventare un elemento distintivo e rappresentativo del livello di expertise e di know-how sia di chi lo produce, sia di chi lo distribuisce.
Per permettere al cliente di decidere se desidera acquistare un servizio di consulenza più sofisticato, e più costoso, impegnandosi così a un maggior coinvolgimento, non si può sottovalutare l’importanza del grado di comprensibilità dei supporti informativi predisposti dall’industria. A prescindere dal conflitto di interessi, problema che sembra tenere occupata l’industria più di quanto preoccupi effettivamente l’investitore, e sebbene oggi il grado di conoscenza finanziaria sia cresciuto grazie, o a causa, della crisi finanziaria, un ulteriore ostacolo da superare sembra essere l’individuazione degli strumenti a disposizione per scegliere tra un prodotto finanziario o un altro.
 
Articolo tratto dal numero di giugno di ADVISOR

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